Cartagena e Playa blanca

Ciao a tutti! Stavolta vi metto le foto di Cartagena e di Playa blanca.
Cartagena è fra le più belle città visitate finora in questo viaggio. Soprattutto la parte vecchia, all’interno di mura costruite in seguito a innumerevoli attacchi pirata, fra cui quello di Drake nel 1586, che non solo la saccheggiò e mise a ferro e fuoco, ma ottenne anche un oneroso riscatto per restituirla agli spagnoli.
Intorno Cartagena c’è un arcipelago di isolette che arrivano alla Playa Blanca, una spiaggia (bianca, ovviamente) con il tipico mare caraibico, caldo e turchese dove sono rimasto per tre giorni di pigro ozio.
E’ il classico posto tranquillo, con piccole baracche sulla spiaggia dove, oltre a mangiare, si può dormire in amache, canadesi e sfiziose capanne rialzate che però erano già tutte occupate. Io ho dormito in canadese.
La sera alcuni di questi baracchini mettono musica e si beve su tavoli a lume di candela. La prima notte però ho preferito restarmene a bere birra per conto mio, seduto sulla riva al suono del mare, che mi ha accompagnato anche dopo, nei sogni, perché la canadese stava a una decina di metri.
La notte dopo ho bevuto aguardiente con una simpatica coppia di Bogotà, grandi fan di Nicola di Bari. L’aguardiente è quello che beveva anche Burroughs in queste zone, tipo a Panama con quel suo amico ancora più scoppiato di lui “bevendo aguardiente con tè e cannella per correggere quel sapore di kerosene”. E’ tipo anice.
Il signore di Bogotà mi ha detto che quando era vivo Pablo Escobar, il re della droga colombiana per molti anni, era meglio perché era molto generoso e costruiva ospedali, strade, scuole e donava soldi alla gente, invece dopo di lui ben poco perché lo stato è molto taccagno. Ha aggiunto che comunque anche noi italiani possiamo essere orgogliosi perché la nostra mafia è rispettata in tutto il mondo. E vabè.
Da quanto ho notato i colombiani non sono grandi bevitori, tutto il contrario dei vicini venezuelani che invece bevono l’impossibile, perché è già la seconda volta che bevendo aguardiente con loro la fanno drammatica su quanto è forte, su come si sentiranno il giorno dopo ecc… mentre in realtà è un alcolico normale, per nulla esagerato.

 

Come in una fiaba, si entra nella città vecchia di Cartagena.

 

Cartagena.

 

Partita di calcetto con la Cartagena moderna sullo sfondo.

 

Astratta.

 

Ballerina di strada.

 

Carrozze.

 

Giocatori di scacchi nel barrio Getsemani, fuori dalle mura. E’ il quartiere dove vivevano gli schiavi.

 

Ragazzo fa acrobazie in bici.

 

Colori.

 

Manifestazione di donne.

 

Camion.

 

Signora con frutta in piazza Santo Domingo. Questa signora è di Palenque, una cittadina vicina fondata, come molte altre in America, da schiavi fuggitivi e che fu la prima del continente ad essere dichiarata ufficialmente libera, nel 1713.

 

Scultura di Botero.

 

La bandiera colombiana sulla Cartagena moderna. Foto scattata dal forte San Felipe de Barajas.

 

Il mare caraibico della Playa Blanca.

 

Maderlen mi prepara il pranzo.

 

Ooops, mi sa che mi sta passando di colpo la dekarite! :-)

 

Un piccolo iguana.

 

Bambina capelluta

 

Ragazzi, vi annuncio che ho messo su famiglia. Basta con questo vagabondare.

 

Grazie per i tanti commenti!

Maria, ovviamente sono contento se condividi le mie foto su facebook! Questo vale per tutti.
E’ vero, la dekarite in fondo è solo una terapia per recuperare forze. Io infatti dopo quasi 3 anni sono in una forma fisica e mentale smagliante! :-)

Giovanni sì, almeno per me non c’è dubbio che l’appetito vien mangiando!

Piergiorgio 2, eh, come si fa a distaccarsene definitivamente! Pensa che se vinciamo quest’anno andiamo a 19 scudetti, a un passo dalla seconda stella! Io iniziai a tifare proprio poco prima della prima stella, avevo 7 anni! Tutta una vita.

E un bacione grandissimo ad Antonella e Wanda.

Riguardo al premio “miglior commento” è davvero difficile assegnarlo perché lo meriterebbero tutti. Squalifico Maria perché non l’ha messo nell’ultimo post (ehhh Dekaro Diario ha regole ferree, dove andremmo a finire altrimenti??). Squalifico pure Giovanni perché continua ad aggiungere una l al mio nome, che non sarebbe nulla di grave se non fosse che così divento omonimo di quel mediocre scrittore del cacchio. Piergiorgio ne ha già vinto uno, restano Antonella e Wanda. Beh, siccome Antonella l’ha messo prima, vince. Wanda vincerà al suo prossimo commento.

Infine, Piergiorgio 2 mi chiede la tecnica di abbordaggio del ragazzo israeliano. Bene, così ne approfitto anche per mettere la tanto richiesta storiella romantica, e sennò effettivamente che palle sempre e solo racconti storici e monumenti e che cavolo! Purtroppo non sono io il protagonista, non che ci fossero dubbi al riguardo.
Avvenne la prima sera del trekking per la città perduta. Come vi ho raccontato avevo fatto l’equivalente di due giorni di cammino per raggiungere il gruppo che era partito il giorno prima. All’accampamento però il gruppo non c’era perché si era spostato più avanti del previsto e c’era invece un gruppo sulla via di ritorno. Stavano a tavola, nel semibuio, avevano già mangiato e alcuni se ne stavano andando a dormire mentre altri se ne restavano a parlare. Stremato dal lungo cammino e senza quasi più forze, mi sono seduto per cenare affianco a un ragazzo israeliano, gentilissimo, subito mi ha offerto aguardiente, e di fronte c’era la sua vittima prescelta, una biondina texana, col tipico volto da brava ragazza un po’ ingenua.
La fase uno dell’abbordaggio era già in corso e tutti i presenti erano commossi dal grande amore dell’israeliano per la sua amata che l’attendeva in patria. Era la donna della sua vita, non ne esistevano altre ecc… ecc.. Un amore puro d’altri tempi, alla ragazza texana brillavano gli occhi e quando si è allontanato per comprare altro aguardiente mi ha detto: “Hai visto che grande amore, ma non è stupendo?” “Sì”.
Quando è tornato ha ripreso la stessa melenza sull’amore, fino ad arrivare a speculazioni filosofiche su come è in realtà solo attraverso l’amore che l’esistenza prende un senso e su come lui è fortunato a vedere il mondo attraverso gli occhi della sua amata ecc… A questo punto la ragazza è cotta a puntino e si passa alla fase due: ora però è tempo di confessare una cosa, deve dirlo perché la notte prima non ha potuto dormirci, è rimasto sveglio tutta la notte, girandosi nel letto… in realtà, sempre premesso che maaaaai tradirebbe la sua donna… ma in realtà crede di essersi innamorato anche di lei. “Di meeeee?” (beh, poi per uno che ha voglia di sparare le balle più megagalattiche ci vuole dall’altra parte una che le vuole credere, è così che funziona). “Sì, dovevo dirtelo, ma ora basta così, parliamo d’altro” “Ma come di me?? E perché poi??” Giustamente cosa avrà fatto mai per meritare di scalzare l’unico grande amore della sua vita. “Non lo so, questo non lo so… ma dovevo confessartelo…”. E così va avanti la fase due, lei per quanto un po’ ingenua rimaneva comunque incuriosita sul motivo di aver scatenato questa passione, lui era vago al riguardo, ma si sa, l’amore è così, è irrazionale, è inutile starci a cercare i motivi.
E così via… nel frattempo avevo finito di cenare e ho preferito andarmene finalmente a dormire sia perché stavo davvero stanchissimo sia perché ormai ero lì a reggere le candele, quasi letteralmente, stavamo a lume di candela, non c’era elettricità.
Sarebbe seguita la fase tre dove avrebbe dichiarato che sì, mai e poi mai avrebbe tradito la sua amata… ma una volta, una sola volta nel corso della lunga esistenza si può pure fare, suvvia! E che diamine! Siamo uomini o caporali? E infine la fase quattro dove si passa finalmente all’azione.
L’ho rincontrato sulla spiagga a Cabo de la Vela, con un’altra biondina. All’orizzonte, intanto, si intravedevano già le corna del suo amore da Israele!
E con questa infallibile tecnica d’abbordaggio vi lascio. Fatene buon uso. ;-)

Cabo de la Vela e dintorni.

Salve carissimi lettori del cacchio! (dico così giusto per scuotervi un pochino, vi trovo un po’ mosci ultimamente…). Mi trovo nella splendida Cartagena, di cui però vi racconterò la prossima volta. Prima infatti metto le foto dei posti dove sono stato nel frattempo, in particolare Cabo de la Vela, praticamente nella punta più a nord della Colombia, nella penisola di Guajira, al confine col Venezuela. Per arrivarci da Santa Marta ho dovuto fare diversi cambi fra pullman, taxi, moto-taxi, e infine un paio d’ore dietro un furgoncino per l’ultimo tratto da Uribia, attraversando una zona desertica con piccoli accampamenti di case di terra e capanne.
C’è un mare limpidissimo e, salendo a fatica su brulle colline intorno, una piacevole vista sulla costa, ma il villaggio è un po’ assurdo: un’unica strada arida e polverosa dove non c’è praticamente nulla da fare. Qualche passeggiata sulla silenziosa riva, un po’ di meditazione forzata dall’amaca con vista mare e appena ho raggiunto l’illuminazione me ne sono tornato a Santa Marta.

 

Bambina kogui. Seguono altre foto del trekking verso la città perduta.

 

 

 

 

 

E una foto la merita sicuramente la nostra cara mula che l’ultimo giorno, siccome eravamo stanchi, abbiamo affittato per farci portare le borse. Fra l’altro nelle salite più impegnative portava pure una ragazza che non si sentiva tanto bene.

 

Ragazzi fanno skating a Santa Marta, dove sono andato e tornato fra le varie escursioni dei giorni scorsi. Ed è stato sempre piacevole starci, costa poco, è facile da girare a piedi e ha un bel sole caldo al punto giusto.

 

Bancarella di frullati di frutta a Santa Marta.

 

Furgoncino coloratissimo. Qui è a Taganga, a 15 minuti di autobus da Santa Marta, dove ci sono due spiagge modeste. A occhio e croce (ci sono stato solo un giorno) mi ha dato l’impressione di essere il classico posto divenuto un po’ casualmente un punto d’incontro per backpacker che vogliono drogarsi e far festa per tutta la notte. Questi giovani d’oggi… ma ai miei tempi…

 

Negozio a Uribia, da dove ho preso il furgoncino per raggiungere Cabo de la Vela.

 

Gente a Uribia.

 

Dentro il furgoncino.

 

Sul furgoncino ho conosciuto David, dell’Amazzonia colombiana. Appena mi ha visto con la macchina fotografica ha fatto no no niente foto, niente foto! E ok, chi te le fa. Poi ha detto mmm però una foto sì, fammene una. Subito dopo me ne ha chiesta un’altra, poi un’altra, stava per finirmi la scheda, non la smetteva più di chiedermene!
L’ho rincontrato casualmente ieri qui a Cartagena. Per la cronaca mi è capitato di incontrare qui anche una coppia (un polacco e una cilena) del gruppo del trekking per la ciudad perdida, e persino due ragazze austriache conosciute quando sono sceso dalla nave a Santarem in Brasile! Ce ne andammo assieme ad Alter do Chao. A Cabo de la Vela, invece, un ragazzo israeliano conosciuto nell’accampamento dopo la prima notte di trekking. Sempre con affianco una ragazza diversa, beato lui, se volete la prossima volta vi spiego la sua tecnica di abbordaggio infallibile, me la sono segnata.

 

Sempre nel furgoncino, nella zona desertica.
Ah, vedendo David, non pensiate che sia tipico della Colombia andare in giro con la faccia dipinta e i vestiti indiani. I colombiani lo guardavano più stupiti di me e mentre camminavamo assieme per Cabo de la Vela una camionetta della polizia l’ha fermato, un sacco di domande, ho quasi temuto che l’arrestavano.

 

Via via la gente scendeva in piccoli accampamenti nel deserto.

 

L’unica strada di Cabo de la Vela: una fila di capanne e casarelle che si affacciano sul mare e dove si può dormire su un’amaca. La mi amaca si intravede in quella casa un po’ più alta sullo sfondo.

 

Uno dei tanti ristorantini (per modo di dire) di Cabo de la Vela. Se vai a chiedergli cosa hanno da mangiare ti guardano come se chiedessi cose tipo “Devo cambiare l’olio alla macchina” o “Che film proiettate stasera?”. E quando gli dici che sei pure vegetariano, addio. Per fortuna in alcuni c’era riso in bianco con qualche verdura, scarseggia anche quella.

 

Uccelli.

 

Pescatori milanisti.

 

Evidentemente, anche nel campo della pesca i milanisti si distinguono per bravura. Poco distante invece c’erano pescatori con la maglia dell’Inter che non avevano preso niente! Che sfigati!!

 

Ragazze.

 

E col Dio Sole che tramonta, vi lascio anch’io. Ma come lui… ritornerò.

 

Il premio “Miglior commento” va a zia Marina che distanzia di circa 654000 anni luce quello di Giovanni e con questo secondo titolo si porta all’inseguimento della capolista Lala, con tre.

Giovanni se vuoi leggere storie di sesso ci sono centinaia di migliaia di siti su internet, vai lì. Purtroppo per te (ma in fondo anche per me) Dekaro Diario tratta di altri argomenti. Poi io, figurati, mi sacrificherei pure per farti contento, ma è ormai evidente che sto attraversando un’altra lunga fase di dekarite(*) acuta.

(*) La dekarite è una rara malattia che porta una sorta di “scetticismo sessuale”. Chi ne è affetto inizia a chiedersi: ma è poi davvero così necessario, nonostante ciò che dicono amici, nemici, tv, film, canzoni, libri e in fondo anche le religioni con la loro ossessione al proibirlo… è davvero così necessario strofinare il proprio membro dentro il corpo di una donna? Per non parlare delle ridicole tarantelle che si devono fare per poter compiere questo insulso atto e le catastrofiche conseguenze che a volte seguono. A questo punto il paziente si trova privo della necessaria grinta per la conquista. Ne consegue inevitabilmente astinenza e apatia sessuale.