Carissimi amici, gioite: ecco infatti una nuova puntata di Dekaro Diario! Stavolta vi parlerò di Mompos, Medellin e di Pablo Escobar, uno dei più famosi trafficanti di droga di tutti i tempi, capo del cartello di Medellin. Ho anche conosciuto personalmente suo nipote, Nicolas.
Più o meno a metà strada fra Cartagena e Medellin, c’è Mompos, una città che, un po’ come Villa de Leyva, sembra essersi fermata nel tempo. Ciò è dovuto probabilmente al fatto che è rimasta sempre un po’ isolata. E’ infatti difficile da raggiungere e a un certo punto bisogna fare anche un tratto di strada via fiume con delle veloci lance colorate.
E’ la città in cui è ambientata “Cronaca di una morte annunciata” di Marquez.
Processione della domenica delle palme.
Una notte, nei baretti intorno una piazza, ho conosciuto Javier, a sinistra, con cui ho bevuto qualche birra. In seguito ho conosciuto quel signore a destra, che però era un po’ strano.
Però in fondo simpatico, qui accenna addirittura a un sorriso!
La lancia che si prende per il tratto di fiume da Magangué a Bodega.
Medellin si trova in una valle circondata da colline strapiene di case ammassate. Arrivando di notte ci si sente come avvolti da centinaia di migliaia di lucette.
Da una fermata della metro si può prendere una cabinovia che sale su una di queste colline.
Dentro la cabinovia, che passa poco sopra uno dei tanti quartieri popolari.
Questi quartieri sono formati quasi interamente da case in mattoni nudi.
Sempre a Medellin, con mio grande stupore, ho saputo dell’esistenza del “Pablo Escobar tour”, un giro turistico dove si visitano i luoghi legati alla storia di Escobar, fino alla sua casa, dove ci si incontra con suo fratello o suo nipote.
Potrebbe essere un’idea per ravvivare il turismo italiano: il Totò Riina tour, con visita ai luoghi dove si nascondeva, il posto dove è stato arrestato, dialogo coi parenti, magari pure una visitina in carcere, sarebbe contento!
Ma in effetti ciò che mi ha stupito di questo tour è proprio questo parallelo con Riina, tantopiù che il suo arresto è persino precedente alla morte di Escobar.
Comunque sia, abbiamo visitato vari luoghi, fra cui la sua tomba.
Vi faccio una velocissima sintesi della sua tragica vita perché, oltre che affascinante, è parte integrante della storia colombiana.
Piccolo spacciatore in Sud America, iniziò per primo a esportare cocaina negli USA negli anni ’70 quando questa, benché già classificata come illegale, era in pratica ignorata dalla polizia e dalla security degli aeroporti.
Diviene in pochi anni il 7 uomo più ricco del mondo, donando nel frattempo una buona fetta dei suoi guadagni alla popolazione povera, soprattutto di Medellin, costruendo ospedali, scuole e addirittura interi quartieri dove vanno a vivere famiglie senza casa.
Per questo diviene amatissimo dai ceti più poveri, ovvero la stragrande maggioranza dei colombiani, e decide di entrare in politica, anche per ottenere l’immunità parlamentare (mi ricorda qualcuno).
Viene eletto nel congresso (il parlamento colombiano) ma espulso poco dopo su pressione del ministro della giustizia e a questo punto la guerra fra lui e lo stato si inasprisce. Uccide il ministro della giustizia e mette una taglia di 1000 dollari per ogni poliziotto ucciso. La polizia ovviamente se ne vede bene dal girare per Medellin che diventa la città più pericolosa del mondo, tantopiù che nel frattempo inizia anche la guerra col cartello di Cali. I morti, fra cui moltissime vittime innocenti, non si contano.
Sempre più alle strette, Escobar decide di farsi arrestare ma a condizione che venga cambiata la costituzione in modo da impedire l’estradizione per i colombiani, perché non vuole finire negli USA. Quando ottiene ciò si rinchiude in un carcere costruito da lui stesso: la Catedral, uno dei luoghi più lussuosi della Terra.
Quando però il governo, forse su pressione degli USA, decide di trasferirlo in un altro carcere, Escobar scappa.
Il 2 dicembre 1993, il giorno dopo il suo quarantaquattresimo compleanno, viene individuato e ucciso sul tetto di un palazzo di Medellin.
Il quartier generale del cartello di Medellin. Dopo essere stato confiscato, fu fatto esplodere dal cartello di Cali (chiamati “Los Pepes” – questo farà ridere i miei concittadini beneventani).
Manifesto di quando era ricercato col fratello Roberto. Qui siamo all’interno della casa dove viveva all’inizio degli anni ’80, prima di trasferirsi in una tenuta di campagna a circa 4 ore da Medellin (chiamata “Napoles” – questo invece farà ridere tutti gli italiani).
La casa è oggi una sorta di museo e ci vivono Roberto e il figlio Nicolas, nipote di Pablo.
Io con Nicolas, il nipote di Pablo Escobar.
Se il tour in sé non è stato nulla d’eccezionale, straordinariamente interessante è stata invece la conoscenza di Nicolas, persona molto intelligente, con cui abbiamo potuto discutere a lungo.
Ha detto che il 90% delle cose che si dicono su Pablo Escobar sono false.
Sulla morte di suo zio nessuno conosce la verità a parte lui, suo padre e una terza persona. Non appena questa terza persona morirà (e Nicolas ha detto di augurarselo al più presto) la racconterà. Si è scusato di non poter dire altro al riguardo ma per il resto ha risposto ampiamente a tutte le domande, sempre con grande sincerità e dignità, usando il “noi” anche per le azioni più cruente del cartello di Medellin, come ad esempio l’omicidio del ministro della giustizia.
Ha fatto notare che la guerra scatenata dai politici contro suo zio non ha mai avuto nulla a che fare con questioni morali, tantopiù che nessun politico colombiano ha mai ragionato in quei termini. Il problema era politico, Escobar è stata la prima persona venuta da una famiglia povera a contrastare il potere gestito da sempre da una casta di cinque famiglie colombiane. Inoltre, invece di promettere soltanto come fanno tutti i politici, faceva davvero molto per la gente, e questo in effetti è un dato di fatto.
Sugli Stati Uniti ha detto che il vero problema per loro non è tanto la dannosità della cocaina, ma il flusso di denaro che finisce da lì in Colombia e che deve essere fermato. Mi ha fatto venire in mente Chomsky che ha notato che ogni anno muoiono molti più colombiani per colpa del tabacco statunitense che americani per colpa della cocaina colombiana.
Guardando indietro al suo passato prova ancora un grandissimo affetto per suo zio, persona straordinariamente intelligente e sempre pronta ad aiutare i poveri, ma si rende conto che nonostante tutti i soldi che aveva non era una bella vita. Non poteva quasi mai muoversi e quando lo faceva doveva girare scortato e armato fino ai denti. Ora si ritrova con 75% della sua famiglia e 99% dei suoi amici uccisi. Anche i 3 anni in un hotel in Svizzera da 55.000 dollari al giorno all’inizio degli anni ’80, li vede ora più come una follia insensata che come qualcosa di piacevole.
Ha raccontato tanti bellissimi aneddoti di vita con suo zio:
Pablo che decide di imparare il francese perché preferisce conoscere la lingua delle persone con cui fa affari e dopo solo 3 mesi, quando lo rincontra, si diverte a parlargli fluentemente in quella lingua mentre lui, da anni in Svizzera coi migliori professori, ancora non riesce a farlo!
Il lusso surreale della Catedral, la prigione che Pablo si era auto-costruita, dove quasi ogni sera c’erano party e a volte addirittura partite di calcio con intere squadre fatte venire all’interno.
La continua escalation di modi e mezzi per far entrare la droga negli USA: all’inizio con piccoli aerei, poi con navi, mentre oggi il cartello di Cali usa soprattutto sommergibili.
I tantissimi insospettabili aeroporti internazionali che li facevano passare senza controlli in cambio del 25% del valore della droga che portavano… ecc… ecc…
E’ stato arrestato solo una volta con un suo amico, subito fatto a pezzi con una motosega dalla polizia colombiana davanti ai suoi occhi. Per sua fortuna zio Pablo, venuto a sapere nel frattempo dell’arresto, chiamò personalmente il presidente della Colombia dicendogli che questa era una guerra fra loro e se cominciava a mettere in mezzo i familiari avrebbe iniziato immediatamente ad ammazzare i figli e i nipoti di tutti i più alti militari e politici. 25 minuti dopo la telefonata Nicolas era di nuovo libero.
Dopo la morte di Pablo, la famiglia ha deciso di smettere. Ora il traffico di droga è gestito soprattutto dal cartello di Cali, loro eterno rivale.
Un’ultima curiosità. La guerra fra il Cartello di Medellin e quello di Cali si spostò anche sui campi di calcio, con l’Independiente di Medellin contro l’America di Cali. E quando il Cali pareggiò una partita grazie ad un arbitraggio alquanto sospetto, Escobar fece uccidere l’arbitro! Eh, quando ci vuole, ci vuole…
Rispondo ai commenti.
Ciao PJ (Piergiorgio 1 – il vecchio?). Sì, ci mancava solo quello dopo quasi 10 ore di trekking!!
Ciao zia Marina, più che altro è astuta la sua fidanzata. “Astuta come un cervo!” (cit).
Ciao Fabrizio! Sì, ma la verità è che come natura crea, il lavoro distrugge! Per fortuna mi basta qualche mese per ritornare a splendere!
Il premio miglior commento va a… Fabrizio!
E un grandissimo abbraccio ai tanti nuovi amici della pagina facebook di Dekaro Diario!