Filippine

Il nostro amato pianeta è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita. Anni, decenni di viaggi, e continuano a sbucare posti straordinari. In questo caso le Filippine, un arcipelago di oltre 7000 isole, con spiagge e fondali marini spettacolari.

Metto la mappa dei posti che ho visitato:

Oltre a Manila sono stato nell’isola di Palawan, in particolare l’arcipelago fra Coron e El Nido, e in alcune isole a nord di Cebu.

Vi racconto via via con le foto, prima però un po’ di storia delle Filippine.

“Noooo la storia nooo… facci vedere le foto!”

Va bene, allora la metto a parte, in effetti per quanto ho provato a sintetizzare è uscita un po’ troppo lunga. Quindi, per quei pochi che vogliono leggere una sintesi della storia delle Filippine, cliccate qui.

Ignorantoni, nessuno di voi ha cliccato (ho le statistiche aggiornate al secondo). Comunque vabè, vediamoci le foto.

 

Manila si sveglia, e con lei Dekaro. Grazie alla differenza di fuso orario mi sono ritrovato insolitamente mattiniero. La vista è dalla mia stanza a Makati, il quartiere finanziario di Manila.

 

Makati di notte.

 

A Manila sono stato due giorni. Non c’è molto da vedere perché la città venne quasi completamente rasa al suolo dagli statunitensi durante l’occupazione giapponese nella seconda guerra mondiale e da allora non si è più ripresa. Inoltre, è difficoltoso spostarsi da una parte all’altra per via del costante traffico.

 

Come in molte metropoli nel mondo, c’è un fortissimo contrasto fra zone ricche e zone povere, spesso le une affianco alle altre. Ho chiesto al tassista se queste zone sono pericolose. Ha risposto entusiasta che fino ad un paio di anni fa lo erano, ma ora, da quando c’è Duterte, non più perché chi commette un crimine “un paio di giorni dopo viene sparato in testa da due sicari in moto coperti con caschi neri”. Ho fatto notare che forse è un po’ esagerato come metodo, ma non c’è stato verso di convincerlo, anzi, era sempre più appassionato della grinta del nuovo presidente.

 

Qui sono giunto a Puerto Princesa, a Palawan. Sono dentro uno dei mezzi di trasporto più utilizzato nelle Filippine: il moto-triciclo. Questo tassista invece conosceva una frase in italiano che ha ripetuto per tutto il tragitto: “si lavora e si fatica solamente per la fica”. Beh, in effetti il pane non è poi così importante.

 

Un po’ a nord di Puerto Princesa, c’è una meraviglia naturale: il fiume sotterraneo di Sabang. Ci si inoltra con una barchetta all’interno di una grotta per quasi due chilometri, fra stalattiti e stalagmiti.

 

Nella Baia di Coron. La cittadina di Coron è bruttina, ma i tour nella sua baia sono fra i più belli al mondo. In particolare alcune lagune di acqua dolce collegate al mare, di cui però non ho foto perché spesso si raggiungono nuotando. Sono straordinarie: pareti di roccia a strapiombo che avvolgono acque verdi. Altrettanto spettacolari sono i fondali, con coralli di tutte le forme e pesci colorati. In un punto si vedeva addirittura una nave giapponese affondata durante la seconda guerra mondiale!
Questa foto è stata scattata vicino al lago Kayangan.

 

La “Jorizelle” è pronta a salpare per un tour di tre giorni da Coron a El Nido. E’ stata la parte più bella del viaggio.

 

Di tanto in tanto approdavamo su isole deserte. Altrettanto spettacolari erano i fondali, con pesci di tutti i tipi.

 

Striscia di sabbia nel mare.

 

Per la notte ci siamo fermati su delle isolette con dei bungalow.

 

E poi via… si riparte sul grande blu.

 

E turchese.

 

Si stava bene.

 

E ancora spiagge, spiagge, spiagge… talmente tante che alla fine viene quasi la nausea, verrebbe quasi voglia di buttarsi su un divano a guardare il Festival di Sanremo! Sto scherzando, ovviamente. Non ci si stancherebbe mai, nemmeno in dieci vite.

 

La luna e i falò.

 

E infine, dopo tre giorni, si giunge al El Nido. Come Coron, El Nido è bruttina ma è perfetta come base per i tour nell’arcipelago intorno.

 

Turisti si avviano a nuoto o in kayak verso la Grande Laguna. Ancor più spettacolare è la Piccola Laguna, che si può raggiungere solo col kayak passando sotto una bassa apertura nella roccia. Siccome quasi nessuno fra i turisti era molto pratico nel guidare il kayak, sembrava come un enorme auto-scontro delle giostre, con i kayak al posto delle macchine.

 

Barche parcheggiate su una spiaggia.

 

La tipica barca filippina.

 

A Danao, poco a nord di Cebu, dove sono giunto per prendere il traghetto per le isole Camotes. Sono all’interno di una bici-taxi. Ma non chiamatemi schiavista, è un mezzo molto utilizzato lì.

 

A Pacijan, nelle isole Camotes. Le strade sono completamente avvolte dal verde, è piacevolissimo gironzolare a caso col motorino. La gente del posto è molto ospitale e, inutile dirlo, ci sono splendide spiagge.

 

Una strada a Poro, la seconda grande isola delle Camotes, collegata con un ponte a Pacijan.

 

Pescatori a Malapascua, un’altra bellissima isola.

 

Bambina gira forzatamente la testa del fratellino per farmelo fotografare.

 

Barche nell’isola di Bantayan, la mia ultima tappa prima del ritorno.

 

Pescatori a Bantayan.

 

Barche di pescatori.

 

Cebu, la seconda città delle Filippine ed ex capitale. Anche qui il contrasto fra zone ricche e zone povere è evidente. Da questa parte del fiume c’è l’isola di Mactan, anche detta Lapu-Lapu, dal nome del regnante della tribù che qui sconfisse e uccise in battaglia Magellano.

 

Dopodiché, il lungo ritorno a casa. Ben 32 ore dall’hotel a Cebu fino alla mia stanza a Malta.

Porto e Azzorre

Ciao a tutti! Questa volta un breve viaggio a Porto e Azzorre, le isole portoghesi nel mezzo dell’Oceano Atlantico ad oltre 1400 km dalla costa. Quindi ci eravamo lasciati con delle isole nell’oceano (le Piccole Antille) e ci ritroviamo di nuovo con isole nell’oceano. Tenendo conto che vivo a Malta è evidente che ormai ho bisogno di una barriera di azzurro mare intorno, a proteggermi da un mondo che non mi ama più.

Vabè questa è un po’ una stronzata. Però non ho capito una cosa: quando queste stronzate le dicono cantanti, scrittoruncoli e cazzoni simili, significa che hanno sensibilità e animo poetico. Quando le stesse cose le dico io, sono subito riconosciute come stronzate. Non ho capito che logica ci sta dietro. Comunque sì, concordo che è una stronzata.

Ma torniamo al viaggio. Io e un amico abruzzese che vive a Malta, Giammangiato, siamo andati a trovare un altro amico che viveva a Malta e si è trasferito a Porto da alcuni mesi, Riccardo. Poi Giammangiato è tornato a Malta e io e Riccardo siamo andati alle Azzorre, precisamente alle isole di Sao Miguel e Terceira.

In Portogallo c’ero già stato una quindicina di anni fa, ma avevo visitato solo il sud e Lisbona.

Metto le foto e vi racconto via via…

- “Dekà ma questa non è Porto! E’ Valencia!”

Bravi. E infatti perciò sono così orgoglioso di avere voi come miei lettori del blog. Colti e sempre attenti. Si tratta infatti del palazzo dell’Opera nella Città delle Arti e delle Scienze di Valencia, dove, approfittando di uno scalo, mi sono fermato all’andata per un giorno e mezzo.

 

Un altro scorcio della scenografica Città delle Arti e delle Scienze.

 

Valencia, terza città della Spagna dopo Madrid e Barcellona, fu fondata dai romani nel 138 A.C. come colonia per i veterani di guerra. Fra il VI e XI secolo crebbe sotto i musulmani fino a raggiungere il suo massimo splendore nel XV secolo come capitale finanziaria ed economica del Regno d’Aragona. Il suo declino iniziò con l’espulsione dei mori nel XVII secolo. Nella guerra civile, in quanto capitale dei Repubblicani, fu fra le ultime a cadere. In questi ultimi anni sta vivendo una forte crescita e ripresa economica.

 

Una piazza rotonda, che si chiama, appunto, Plaza Redonda.

 

Ed eccoci a Porto! Per l’esattezza, Porto è quella a destra del fiume. A sinistra si trova Vila Nova de Gaia dove si trovano la maggior parte delle cantine che producono il vino porto.

 

Il mio amico abruzzese, ma ormai come me maltese, Giammangiato. In realtà mi aveva chiesto di non mettere sue foto nel blog però per dovere di cronaca mi sento obbligato. Mi aveva anche chiesto di non chiamarlo Giammangiato, ma se si chiama così io che posso farci? E’ come se io chiedessi di non essere chiamato Dekaro, non capisco che senso ha.

 

Barche con barili di vino. Sullo sfondo, Porto.

 

All’interno di una cantina dove si produce il porto.

Per una serie di circostanze climatiche, ambientali e di conformazione geografica, l’uva della regione del Douro è particolarmente dolce. Per bloccarne la fermentazione viene aggiunto aguardiente. Ne viene fuori quindi un tipo di vino particolarmente dolce e forte.

E’ stato il primo vino a denominazione di origine controllata della storia, nel 1757. E’ particolarmente amato dagli inglesi che sono stati per lungo tempo i principali produttori ed importatori.

 

Barili di porto.

 

Porto e Vila Nova de Gaia sono collegati da 6 ponti. Questo ponte, Dom Luis I, è stato progettato da un allievo e collega di Eiffel, Seyrig. Benché il progetto vinse proprio contro un progetto di Eiffel, è evidente l’influenza del suo maestro.

 

Ragazzi si tuffano dal ponte Dom Luis.

 

L’antica libreria Lello, considerata fra le più belle al mondo.

 

La stazione ferroviaria Sao Bento ricoperta di Azulejo, mattonelle di ceramica dipinte tipiche dell’architettura di Portogallo e Spagna.

 

Ed eccoci finalmente alle Azzorre. Nell’isola di Sao Miguel, la più grande. E’ lunga circa 63 km e larga 15.

Le Azzorre, che a noi risuonano soprattutto per il suo famoso anticiclone che ha così tanta influenza sulle nostre previsioni del tempo (comunque sbagliate), sono un arcipelago di 9 isole di origine vulcanica.

Non si sa di preciso quando sono state raggiunte per la prima volta dagli Europei. Un resoconto di Boccaccio, scritto in latino, racconta di una spedizione italo-portoghese del 1341 che oltre alle Canarie arrivò molto probabilmente anche alle Azzorre.
Le isole sono inoltre presenti in alcune mappe della metà del ’300, anche se allineate in posizione quasi orizzontale.
Nel 1432 le isole furono rivendicate dal Portogallo che iniziò una timida colonizzazione. Non erano presenti popolazioni indigene.
Trovandosi solitarie nel bel mezzo dell’Atlantico hanno sempre avuto una certa importanza sia come punto di ristoro per i navigatori intercontinentali (già nel ritorno dal suo primo viaggio dall’America Cristoforo Colombo ci si fermò), sia come posizione strategica. Nella seconda guerra mondiale gli statunitensi ottennero dal Portogallo il permesso di installare un propria base militare nell’isola di Terceira. Inutile a dirlo, c’è ancora.

Pillola statistica: gli Stati Uniti hanno ben 800 basi militari fuori dai propri territori. Ma non si tratta ovviamente della più mostruosa macchina imperialista della storia, non lasciamoci abbindolare da queste comunistoidi teorie complottiste. Quelle basi sono lì per noi, per proteggerci. Proteggerci da chi? viene naturale chiedersi. Ma è ovvio: da noi stessi!

Ma comunque ora non divaghiamo. Torniamo alle foto.

 

Riccardo, al volante, chiede informazioni in una strada di Sao Miguel.

 

All’interno di Sao Miguel ci sono diversi splendidi laghi.

 

I laghi risplendono dei colori della ricca vegetazione intorno.

 

Una tipica chiesa delle Azzorre. Il sentimento religioso è molto forte in tutte le isole.

 

Un gatto riposa.

 

Rocce nere vulcaniche scendono a picco sul mare. Alcune persone approfittano di una sorta di piscina naturale per farsi il bagno.

 

Un geyser.

 

Papere sul lago.

 

Papera solitaria.

 

Altra papera. Sì, mi sto specializzando in foto di papere, è giunto anche per me il momento di trovarmi una specializzazione.

 

Un’altra spettacolare scogliera.

 

Qui siamo nell’altra isola visitata, Terceira. E’ meno spettacolare di Sao Miguel ma in compenso ha una splendida cittadina, Angra do Heroísmo, chè è la capitale storica delle Azzorre e la prima ad essere stata fondata, nel 1534.

 

Asinello.

- “Dekà ma faccje veré kakk fot e n’animal esotico, kemm fa ku sti jatt paper e asini ke i tnimm pur nuji”.

Eh, lo sapevo che prima o poi ve ne uscivate con le vostre critiche snervanti. Non ci sono animali esotici, ci sono quelli portati dai colonizzatori e sono gli stessi che abbiamo anche noi. Se vi piacciono bene, altrimenti andatevene a… su un altro blog!

 

Infine, ho visitato un’altra città a nord del Portogallo, ma non vi dico il nome, dovete scoprirlo da soli. Un po’ come Valencia, fu fondata dai romani, in seguito passò sotto dominazione islamica e raggiunse il suo massimo splendore nei secoli successivi alla “reconquista”, diventando un importante centro religioso.

Sì, bravi!

 

Nel frattempo ho raggiunto nientepocodimenoche i quarantasei anni di età! Ehhhh. 46 anni e 96 nazioni visitate. E mica cazzi. Quindi se continuo con questa media a 100 anni avrò visitato tutte le nazioni del mondo! Anzi no, faccio così: arrivo alla 99esima e mi fermo. Perché alla fin fine era troppo facile arrivare a cento. Io sono fatto così, sono un po’ snob.