Maldive e Kerala (India)

Salve carissimi amici e (diciamocelo pure…) fan! Rieccomi! Ci eravamo lasciati nello Sri Lanka e da lì i vostro blogger e fotografo più amato è volato alle Maldive.

Certo, le Maldive non sono forse la meta che più ci si aspetterebbe da quel proletario combattente con cui siete abituati a conoscermi, però come dicevo nel primo post riguardante questo viaggio ho un bonus di 1250 euro da utilizzare in voli aerei e vista la relativa vicinanza allo Sri Lanka mi è sembrato logico farci un salto. Inoltre da alcuni anni c’è una nuova legislazione che permette la nascita di guesthouse e piccoli hotel, non bisogna quindi necessariamente andare nei resort di lusso. E infine non mi stressate, non è che non posso andare in un posto solo perché è un po’ alliccato.

Ci sono stato una settimana. Siccome mi ero ben organizzato non mi sono costate una cifra astronomica, anche se ovviamente rispetto allo Sri Lanka sono molto più costose.

Le Maldive sono un arcipelago di quasi 1200 isole, in gran parte piccolissime, di cui circa 200 abitate. Gli abitanti sono circa 400.000, provenienti soprattutto da migrazioni dallo Sri Lanka e dal Sud dell’India intorno al V secolo. A partire dal XI secolo si sono convertiti all’islam, diventando un sultanato. Nel 1887 sono diventate un protettorato della Perfida Albione, fino all’indipendenza nel 1965. Negli decenni successivi il Paese è stato governato in maniera totalitaria dal presidente Gayoom, che ha impedito ogni opposizione fino al 2008, quando, in seguito a continue proteste, ha dovuto accettare libere elezioni presidenziali dirette, che sono state vinte dal leader dell’opposizione Nasheed. Nel 2012 Nasheed è stato rovesciato da un colpo di stato, appoggiato, come quasi sempre avviene per i colpi di stato, dagli Stati Uniti e in questo momento c’è una confusa e precaria democrazia.
I due partiti principali sono fortemente islamici e quindi lo è anche la legislazione. Ad esempio, a nessuno può essere data la cittadinanza se non è di fede musulmana, i turisti possono andare solo in alcune specifiche spiagge (dette “bikini beach”) se non vogliono farsi il bagno vestiti integralmente e l’alcool non è in vendita (a parte all’interno di alcuni resort).

Oltre all’isola di Malé, la capitale, vicina all’aeroporto, ho visitato due isole: Thoddoo, a nord-ovest di Malé, e Maafushi, un po’ a sud.

 
A Thoddoo, e come non amarla? Questo spettacolare mare fra il celeste e il verde smeraldo si forma grazie alla barriera corallina che crea una sorta di piscina naturale.

 

Orsi, una ragazza ungherese, legge un libro che almeno dal titolo sembra interessante. Mi ha scattato una foto sull’altalena nell’acqua che ha avuto gran successo su Facebook.

 

Donne sul motorino.

 

La capitale delle Maldive, Male.

 

Una barca di pescatori al porto di Male.

 

Una spiaggia di Maafushi, l’altra isola che ho visitato. In generale mi è piaciuta meno di Thoddoo perché è meno verde e ci stanno costruendo palazzoni mostruosi. In compenso però offre molte più attività ed ha molti bar e ristoranti.

 

Donne maldiviane vanno a farsi il bagno in una non-bikini beach.

 

Non certo una abbronzatura integrale per… gli integralisti! (battuta cretina).

 

Mare.

 

Signore passeggiano a Maafushi.

 

Dopo essere stato a mollo nell’acqua turchese per una settimana, sono ripartito per la terza tappa del viaggio: il Kerala in India. In India c’ero già stato due volte. Una volta, nel 1996, per un breve viaggio a nord e un’altra volta, fra il 2003 e il 2004, in un viaggio di quasi 6 mesi al sud, il grosso del tempo a oziare a Goa.

Questa volta, come dicevo, sono venuto nel Kerala, ovvero un piccolo stato all’estremità sud occidentale. Soprannominato “la Terra degli Dei” ha una antichissima storia, legata soprattutto al commercio delle spezie. Le prime testimonianze risalgono addirittura a registri sumeri del 3000 a.C. In seguito ha commerciato praticamente con tutti, babilonesi, assiri, arabi, egizi, fenici, greci, cinesi, romani, ecc… e la letteratura locale del tempo narra delle le navi romane che arrivavano nel porto di Muziris (di cui si è persa la locazione precisa, ma probabilmente si trovava vicino l’odierna Kochi) cariche di oro per ripartire cariche di pepe.

E’ anche detta la “roccaforte rossa” essendo governata spesso dal partito comunista che ha la maggioranza da diversi decenni. E i risultati si vedono: maggior tasso di alfabetizzazione in India (oltre il 90%), minore corruzione, minore povertà, minori disparità economiche e in generale una minore gerarchizzazione sociale che in India è di solito ancora molto forte per il retaggio delle caste. C’è anche una grande tolleranza religiosa, infatti affianco alla maggioranza indù convivono pacificamente musulmani e cristiani.

 

Una rete da pesca “cinese” a Fort Kochi. Si tratta di reti fisse che vengono abbassate e alzate tramite un sistema di pesi. E’ molto probabile che il nome Kochi (anche scritta Cochin) sia dovuto a loro, ovvero venga da “Co-chin” (“come in Cina”). Fort Kochi è sempre stato un importantissimo porto, punto di passaggio di marinai da tutto il mondo.

 

C’è da notare che queste reti cinesi, fisse sulla riva, sono anche più sicure per i pescatori locali, visto che quelli che vanno al largo rischiano di essere presi a mitragliate da paranoici marò (sì, è in Kerala che è avvenuto e la petroliera italiana ha poi dovuto attraccare qui al porto di Kochi).

 

All’interno di Fort Kochi molte vecchie abitazioni sono state convertite in guesthouse, ristoranti, negozietti ecc… Questa era la mia stanza e non capivo come mai diversi turisti venivano a scattare foto alla casa dalla strada. Ho chiesto al proprietario e mi ha risposto “Ma come?! Questa è la casa dove è morto Vasco de Gama 500 anni fa!” (per l’esattezza il 24 dicembre 1524. Vasco da Gama, esploratore portoghese, è stato il primo a raggiungere l’India via mare dall’Europa, nel 1498, circumnavigando il Sud dell’Africa ed effettuando la traversata da Malindi. Morì appunto qui a Fort Kochi di malaria durante il suo terzo viaggio in India).
Non sapeva in quale stanza è morto, ma potrebbe essere stata questa. Quindi una stanza storica, non solo probabilmente vi è morto Vasco de Gama ma ci ha anche dormito (per fortuna risvegliandosi) Dekaro! Anzi vi faccio una profezia: fra 500 anni i turisti verranno a fare le foto perché lì soggiornò un tempo il buon Dekaro. Eeeeeeehhhh… Vabè, mi sono lasciato un po’ prendere dall’entusiasmo. Voi comunque sempre impietosi, mai che mi date una gioia.

 

Uno stabilimento dove i panni, provenienti in gran parte dagli alberghi, vengono lavati a mano.

 

Una signora stira con un pesante vecchio ferro alimentato a carbone.

 

Ragazze.

 

In India capita facilmente di ritrovarsi in mezzo a feste religiose. In questo caso si tratta del “Pooram Gajamela”, il festival degli elefanti, dove un (povero) elefante viene portato in processione fra le strade e i vicoletti della città al ritmo di tamburi e trombe.

 

Fedeli attendono il passaggio dell’elefante, a cui poi offrono noci di cocco, banane e altra frutta.

 

L’occhio dell’elefante.

 

Famiglia osserva il passaggio dell’elefante.

 

Bambini.

 

Siccome i due uomini sul dorso del pachiderma stavano pericolosamente in bilico, si attaccavano spesso ai fili della corrente per reggersi. Della serie “oggi nun teng tanta voglia e campà”

 

Pare che toccare la pancia all’elefante porti fortuna. Una panzata contro il muro un po’ meno.

 

Bambina dietro l’elefante.

 

Breve visita ai compagni del Kerala.

 

Bene, fra due o tre settimane vi racconterò ancora del Kerala e della prossima meta, sempre in India. A presto! :-)

Sri Lanka – Parte II

Salve amici e fedeli lettori del blog! Rieccomi per la seconda parte sullo Sri Lanka.

Metto direttamente le foto e vi racconto.

Turisti si avviano verso la roccia-fortezza Sygiria, probabilmente il sito archeologico più famoso dello Sri Lanka. Dal terzo secolo a.C. nelle caverne della roccia si stabilirono monaci buddisti e verso la fine del V secolo sulla sommità della roccia si insediò per un paio di decenni la residenza reale. In seguito ritornò ad essere un monastero fino al tredicesimo secolo, dopodiché fu abbandonata e dimenticata, inghiottita dalla foresta.
Qui in basso si trovavano i giardini, con piscine e fontane irrigate da un complesso sistema idrico.

 

Una scimmia sulla salita verso la roccia. Ancora oggi lungo il cammino sono visibili alcuni splendidi affreschi (non era permesso fare foto) che ricoprivano gran parte della parete rocciosa.

 

Due grosse zampe di leone sono scolpite ai lati dell’entrata alla parte superiore della roccia, anche chiamata la “Roccia del leone”.

 

Ragazze dell’onnipresente scolaresca osservano il panorama dall’alto della roccia, dove si trovava la residenza reale.

 

Scimmia.

 

Il grandissimo stupa Rankot Vihara nell’antica città di Polonnaruwa.
Polonnaruwa fu scelta come capitale dai Chola, tamil provenienti dall’India del sud che invasero l’isola nel X secolo. Quando, dopo circa un secolo i Chola furono scacciati, Polonnaruwa rimase capitale del regno dello Sri Lanka per circa altri due secoli (XI – XIII), in cui raggiunse il massimo splendore come centro politico, religioso e commerciale. In seguito andò in declino fino ad essere inghiottita dalla foresta.
Le rovine coprono un’aerea abbastanza ampia (l’ho visitate in bicicletta) e consistono nella zona del palazzo reale, un paio di templi Indù dedicati a Shiva costruiti dai Chola e diversi templi buddhisti.

 

Signore scendono dal “Vatadage”, un complesso circolare con quattro entrate, ognuna con una statua di Buddha.

 

Lo stupa Kiri Vihara (Latte bianco).

 

Pescatori sulla spiaggia di Kalkudah, sulla costa est. Come dicevo nella puntata precedente, la zona est ha sofferto particolarmente la guerra civile, conclusasi solo una decina di anni fa, a cui si è aggiunta anche la devastazione dello tsunami del 2004. Per questo motivo il turismo non si è ancora sviluppato pienamente rispetto al resto dello Sri Lanka. In compenso si possono trovare spiagge deserte come ad esempio questa a Kalkudah, lunga diversi chilometri.

 


Sempre da est, un po’ più a nord, si trova la città di Trincomalee. Questo è Il tempio “Pathirakali Amman” dedicato alla Dea Bhadrakali. Come sapete nell’induismo gli dei sono spessi manifestazioni particolari di divinità maggiori, in questo caso si tratta di una manifestazione della Dea Parashakti, realtà assoluta, energia eterna e illimitata che trascende qualsiasi forma e concetto. Si manifesta anche come moglie di Shiva nelle forme di Durga, Parvati, o la terribile Kali (il tempo che divora tutto).

 

L’interno del tempio.

 

A un certo punto un bramino ha iniziato a suonare una campana assordante e poco dopo si è aperta la porta di una stanza in cui un sacerdote ha compiuto un rituale con una fiamma.

 

Le statue sul soffitto hanno un effetto quasi psichedelico, ci si perde nel caleidoscopio di immagini con i loro simbolismi millenari.

 

Per la città girano liberamente i cervi.

 

Studentesse.

 

Escursione col motoscafo per vedere le balene da Uppuveli, dove alloggiavo a pochi chilometri da Trincomalee. Quando sbucano dall’acqua è davvero emozionante, sono grandissime.

 

Altra coda di balena. Tenete presente che mi sono svegliato alle 6 di mattina per farvi le foto alle balene, poi dite che non vi voglio bene.
“Dekà sì però oltre alle code facci vedere pure una balena che salta!”
No, queste balene non saltavano, si inabissavano solamente, quindi non rompete.

 

Mare.
(La messa a fuoco in primo piano non è stata intenzionale, il motoscafo ballava in continuazione ed era facile sbagliare. Però mi piace così come è venuta.)

 

Infine, sono giunto ad Anuradhapura. Anch’essa è stata una delle antiche capitali del regno. E’ stata ed è tuttora uno dei principali centri del buddismo Theravada al mondo. L’antica città è strapiena di stupa e templi buddisti.

 

Buddisti.

 

Questo albero, il Sri Maha Bodhi, è stato piantato nientedimeno che nel 288 a.C.. E’ il più antico albero al mondo di cui si conosce con certezza la data in cui è stato piantato. Si dice che viene direttamente dall’albero in India sotto cui Buddha raggiunse l’illuminazione.

 

E infine sul picco di Minthale, a pochi chilometri da Anuradhapura, un luogo di pellegrinaggio dei buddisti con una spettacolare vista sulla pianura circostante.

 

Fedeli pregano davanti al grande Stupa principale. Sullo sfondo si vede la roccia Aradhana Gala da cui ho scattato la foto precedente.

 

Sul treno da Anuradhapura a Colombo era rimasto solo un posto libero ma era riservato “for clergy”, ho fatto lo gnorri e mi sono seduto. Fra l’altro con tutto lo spazio che ho dedicato al buddismo in queste due puntate almeno un posto a sedere me lo merito. Il novizio affianco mi è sembrato promettente però secondo me stava troppo tempo su WhatsApp. Non è così che si raggiunge il nirvana.

 

Ora mi trovo a Colombo e domani partirò dallo Sri Lanka per la prossima meta, che forse vi stupirà un po’.