San Pietroburgo e Finlandia

Salve amici! Questa volta un piccolissimo viaggio a San Pietroburgo (Leningrado, per i nostalgici) e Finlandia. Purtroppo dopo un paio di giorni la macchina fotografica ha smesso di funzionare, forse per la troppa pioggia che in quei luoghi cade impietosa e quindi non ho scattato molte foto. In seguito ne ho fatte alcune col cellulare.

Comunque, vediamole.

In un caffè. Dietro la vetrata si intravede la Cattedrale di Kazan. San Pietroburgo è una città maestosa, con grandi vie e grandi edifici.
Fondata nel 1703 in una zona paludosa e inospitale, come avamposto militare e commerciale sul Mar Baltico, venne ben presto presa in simpatia dallo zar Pietro il Grande che in pochi anni fece convergere servi della gleba, operai e manodopera da tutta la Russia per la sua costruzione. Almeno 30.000 lavoratori morirono in quegli anni per le terribili condizioni di lavoro.
La città prese un aspetto europeo, moderno, imperiale, e l’aristocrazia russa iniziò subito a preferirla alla vecchia Mosca. Già nel 1712 divenne la nuova capitale. Ci resterà fino al 1918.
Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, il nome fu cambiato in Pietrogrado, perché San Pietroburgo suonava troppo tedesco. Nel 1924, pochi giorni dopo la morte di Lenin, il nome fu cambiato nuovamente, questa volta in Leningrado. Nel 1991, in seguito ad un referendum, ha ripreso il vecchio nome, San Pietroburgo.

 

All’interno della cattedrale nella fortezza di Pietro e Paolo, ovvero il luogo del primo insediamento. In questa cattedrale sono seppelliti quasi tutti gli zar successivi alla fondazione della città.

 

Piccoli marinai.

 

Alcune stazioni della metro sembrano una discesa negli inferi, per quanto sono profonde. Sono molto eleganti.

 

Mosaici sul soffitto della Chiesa del Salvatore sul Sangue versato, così chiamata perché fondata sul luogo in cui nel 1881 venne assassinato lo zar Alessandro II, dal gruppo rivoluzionario, di tendenze anarchiche e socialiste, “Narodnaja volja” (“Volontà del Popolo”). Dal XIX secolo fino alla rivoluzione del 1917, San Pietroburgo è stata crocevia di fervide disquisizioni filosofiche e politiche, come testimoniano ad esempio i romanzi di Dostoevskij, le quali hanno contribuito al fiorire di innumerevoli gruppi rivoluzionari.

 

Alberi autunnali si stagliano dietro uno dei 340 ponti della città.

 

Una vecchietta mi saluta da un ponte al passaggio della nostra barca. Poi però ha sputato! (scherzo :D )

 

L’incrociatore Aurora. Da uno di quei cannoni fu sparato il colpo a salve come segnale ai vari gruppi bolscevichi sparsi nella città di dare l’avvio alla rivoluzione di ottobre.

 

Poco è rimasto del periodo sovietico per quanto riguarda i locali. Questo pub è una eccezione. E’ rimasto così com’era dai tempi del comunismo quando i lavoratori venivano a bere qualche bicchierino di vodka. Si intravedono anche i ritratti di Lenin e Marx.
La donna al bancone non era il massimo della simpatia, per usare un eufemismo. Però bicchierini di ottima vodka costavano pochissimo e rimpiangerò in seguito quel pub, quando a Helsinki un bicchierino di vodka mi costava 8 euro.

 

Strade all’imbrunire. Come dicevo, è una città molto spaziosa, con ampi viali.

 

La cattedrale di Sant’Isacco, fra le più grandi chiese ortodosse al mondo.

 

Una stanza dell’Hermitage, uno fra i più grandi e straordinari musei del mondo, forse il più elegante. Si trova nel complesso del Palazzo d’Inverno, ovvero l’ex reggia degli zar, fra splendide stanze come questa. Paradossalmente nacque come piccolo luogo (un “ermitaggio”) in cui Caterina II voleva starsene un po’ in santa pace dallo sfarzo di corte, circondata da qualche opera d’arte. Anno dopo anno la collezione d’arte si ingrandì a dismisura, fino a includere tutti i più grandi artisti europei.

Foto fatta col cellulare, perché come purtroppo dicevo, la macchina fotografica d’ora in poi ha smesso di funzionare.

 

E come vedete c’è anche Dekaro esposto all’Hermitage! A sinistra invece una modesta scultura di Michelangelo, fra l’altro incompiuta.

 

Una gelida e tempestosa mattina abbiamo preso il treno per Helsinki. La stazione da cui siamo partiti è famosa per via del fatto che lì, nell’aprile del 1917, ritornò dall’Europa Lenin, dopo 10 anni dall’ultima volta in cui era stato costretto a fuggire. Fu accolto da molte persone, a testimonianza del fatto che la piccola fazione dei bolscevichi stava guadagnando sempre più consensi fra la popolazione. Pochi giorni dopo Lenin espose le “Tesi di aprile”, con il noto “tutto il potere ai soviet”, in cui chiedeva la definitiva rottura con le tutte le forze borghesi, capitaliste, aristocratiche e reazionarie dell’attuale governo provvisorio sorto dalla rivoluzione di febbraio (i soviet erano i consigli dapprima degli operai, in seguito anche dei contadini e dei soldati, e facevano parte del governo provvisorio). Proponeva inoltre l’immediata uscita dalla guerra “imperialistica di brigantaggio”. L’ulteriore peggioramento della situazione russa nei mesi successivi per via dell’assurda prima guerra mondiale fece convergere la gran parte del consenso popolare verso i bolscevichi che ad ottobre si sentirono pronti a prendere il potere. Per un racconto dettagliato della rivoluzione vi consiglio il capolavoro del maestro Eisenstein: Ottobre.

Nel mio caso invece ho fatto il percorso inverso. Da San Pietroburgo sono giunto a Helsinki, dove ho esposto le “Tesi di ottobre”, in cui sintetizzando dico: il capitalismo ha vinto, facciamocene una ragione e guardiamoci le partite di pallone. Ehhhhh… sto scherzando!! Niente di più falso, anzi. Nonostante ciò che vogliono farci credere, vedo sempre più una grande voglia di ribellione e un desiderio di combattere in maniera costruttiva questo schifo di sistema, tantopiù che ormai ne va di mezzo la salvezza dell’intero pianeta. E infatti, mentre scrivo in questo momento, ribellioni stanno infiammando le strade dell’Ecuador, del Cile, della Catalogna, del Libano, di Hong Kong, ecc… ecc… Tutto sta a far convergere le nostre forze eterogenee contro il vero nemico comune: il capitalismo, soprattutto nella sua forma più vampiresca, quella del neoliberismo finanziario internazionale.

 

Ed eccoci qui! Avete già visto Giamma in un paio di puntate, mentre per quanto riguarda Riccardo è ormai un ospite fisso di Dekaro Diario.
Ci trovavamo in Lapponia, nel nord della Finlandia, sul parallelo che segna il circolo polare artico, in un tour in cui speravamo di vedere l’aurora boreale. Ma purtroppo non l’abbiamo vista perché, nonostante pare ci fosse attività, il cielo era coperto di nuvole.

 

Questo foto invece l’ho fatta con una macchina fotografica gentilmente “prestata” dagli organizzatori del tour… vabé, a voi posso dirvi la verità, in realtà non me l’avevano prestata bensì affittata per 50 euro che avrei dovuto portare il giorno dopo. Siccome però non abbiamo visto l’aurora boreale mi sono sentito in libertà morale di non farmi vivo. Se mi avessero contattato per chiedermeli, invece che in inglese gli avrei risposto in napoletano, con un semplice “staibbuonpagat”, visto che in tre gli avevamo già ammollato una cifra scandalosa solo vedere le nuvole qualche ora. Comunque, gentilissimi, loro stessi dopo non me li hanno chiesti ed anzi mi hanno scritto via email solo per inviarmi alcune foto del tour scattate dalla guida, fra cui quella precedente a questa.
Per quanto riguarda questa, è stata fatta ovviamente col cavalletto (quest’ultimo davvero prestato, era incluso nel tour), da sopra un ponte dove ci siamo fermati a scattare foto. Anche se si intravede una luce sullo sfondo, in realtà stavamo completamente al buio.

 

Di nuovo col cellulare, una strada autunnale a Rovaniemi, la capitale della Lapponia. La città è nota anche per essersi impossessata del luogo di nascita di Babbo Natale, che invece, come sappiamo, è turco.

 

E infine Helsinki, capitale e più grande città della Finlandia, con 650.000 abitanti dei circa 5,5 milioni di finlandesi.

 

Scalinata interna della splendida biblioteca pubblica di Helsinki. Quindi come vedete non è poi davvero necessario avere mezzi tecnici esagerati per scattare foto interessanti. Basta solo quel pizzico di intuito, colpo d’occhio, creatività, senso estetico ed esperienza.

 

Concludo con un selfie di gruppo dove c’è anche Antonino, un nostro amico siciliano che lavorava a Malta e ora si è felicemente trasferito a Helsinki con la ragazza finlandese, in questa eterna diaspora precaria di noi giovani e non più giovani italiani.

Tutto il potere ai soviet!

Azerbaijan, Georgia e Armenia

Salve amici! Rieccomi per raccontarvi l’ultima parte del viaggio, che si è concluso dopo tre mesi e mezzo con Azerbaijan, Georgia e Armenia. Vi metto la mappa dei posti visitati.

Come ricorderete per questo viaggio avevo un buono di 1250 euro in voli aerei da sperperare, per cui ci sono stati vari svolazzamenti.

Dall’Uzbekistan sono giunto a Baku, la capitale dell’Azerbaijan, dove mi ha raggiunto il mio amico Riccardo.
In questa foto si vedono bene le varie fasi della storia di Baku. In primo piano si scorge parte del palazzo dove risiedevano i regnanti della dinastia Shirvanshahs fin dal XV secolo. In mezzo si vedono vari palazzoni del periodo sovietico e l’immancabile torre radio. Infine, la Baku moderna, con spettacolari grattacieli.
La storia di Baku è strettamente legata ai giacimenti di petrolio tutt’intorno, sfruttati a partire dalla fine del XIX secolo, i quali hanno portato grandi ricchezze ma anche guerre per conquistarli. Oltre al petrolio l’Azerbaijan è anche ricco di gas.

 

Baku di notte. I tre grattacieli sono chiamati “Torri di fiamme”, e di notte creano giochi di luce con i LED esterni che simulano fiamme giallorosse e altre animazioni.
Come quasi tutte le capitali visitate fin da quando sono giunto in Centro Asia (come ad esempio Dushanbe, Tashkent e in seguito Yerevan) si tratta di una città molto moderna e pulita, in cui è molto piacevole passeggiare fra i parchi e gli edifici sorti negli ultimi anni.

 

Intorno a Baku ci sono vulcani di fango.

 

All’interno della Bibi-Heybat Mosque, ricostruita nel 1990 sul luogo dove si trovava una precedente moschea distrutta dai sovietici.

 

Un petroglifico nel Parco nazionale di Gobustan, dove sono stati trovati circa 6000 disegni nelle rocce, alcuni dei quali risalenti a circa 30.000 anni fa.

 

Da Baku siamo giunti a Sheki. Questa è una stanza del palazzo invernale “Shaki Khans”, del XVIII secolo.

 

Vecchietti giocano a Domino.

 

Tbilisi, la capitale della Georgia.
In primo piano si vede parte della città vecchia. In alto a destra la maestosa e recente cattedrale della Santa Trinità. Un ponte moderno giunge in prossimità di due strani grossi tubi che però non sono mai stati utilizzati per nulla, insomma non servono a un tubo.
La parte più bella è la città vecchia, con stradine piene di locali e osterie. La cultura del vino è sentitissima in Georgia (anche per motivi religiosi) e la pianta di vite è fra i simboli nazionali.
La foto è stata scattata dalla fortezza che sovrasta la città.

 

Un ragazzo fa le acrobazie sulla fortezza.

 

Una donna si confessa con un prete ortodosso. Il sentimento religioso è molto forte fra i georgiani.

 

Mtskheta, l’antica capitale della Georgia.

 

Riccardo, con sullo sfondo la cattedrale di Mtskheta. C’è da sottolineare che Riccardo (che avete già conosciuto nelle puntate di Azzorre e Repubbliche baltiche) è l’unico che mi ha raggiunto, dei tanti amici che me l’avevano promesso.

 

A Gori, la città dove è nato Iosif Vissarionovič Džugašvili. E voi direte e chi cacchio è? Ma come chi è!? Si tratta del compagno baffone Stalin!
Da bambino Stalin visse in affitto coi suoi poveri genitori nell’appartamento a sinistra. Dietro la casa si trova un interessante e controverso museo dedicato a lui, lasciato così com’era dai tempi sovietici. C’è anche il vagone che utilizzava per i suoi spostamenti in treno.
Dopo la recente guerra contro i Russi del 2008, durata per fortuna solo 9 giorni e in cui fra l’altro Gori fu bombardata e occupata trovandosi proprio al confine con la contesa Ossezia del Sud, fu deciso di rimuovere definitivamente il museo ma in seguito anche questa decisione è stata revocata.
Probabilmente gli stessi abitanti di Gori hanno un sentimento ambivalente di fronte a quel concittadino che è stato, comunque sia, uno dei più importanti personaggi della storia mondiale contemporanea.

 

Montagne.

 

Il complesso di Uplistsikhe, un’antica città scavata nella roccia, fondata circa 3000 anni fa e abitata fino al XIII secolo.

 

Le montagne intorno al villaggio di Gergeti.

 

Sentiero di montagna.

 

Bambini giocano fra una delle innumerevoli fontane di Yerevan, la bellissima capitale dell’Armenia.

 

Fin dall’Alto medioevo, l’Armenia ha una tradizione di “khachkar”, ovvero pietre scolpite con motivi religiosi. Ancora oggi ci sono artigiani che le creano.

 

In Armenia abbiamo affittato un’auto.

 

Il lago Sevan.

 

Il monte Ararat, alto oltre 5000 metri e dove, secondo la leggenda biblica, approdò l’arca di Noè. Benché si trovi in Turchia, le sue due vette sono uno scenario permanente in Armenia quando si guarda verso sud-ovest.

 

Il monastero di Khor Virap, con il monte Ararat sullo sfondo. Affianco a dove ora sorge il monastero, sotto un lungo fosso in cui non me la sono sentito di scendere, c’è la cella in cui fu rinchiuso per 13 anni San Gregorio Armeno, il principale artefice della conversione cristiana dell’Armenia, che avvenne già nel 301.
L’Armenia è stata quindi la prima nazione ad aver adottato il Cristianesimo come religione di Stato. La sua Chiesa è unica, non essendosi allineata né con i cattolici né con gli ortodossi nel corso dei secoli.
Il credo religioso è molto forte fra gli armeni ed è stato il principale motivo del genocidio subito dai turchi durante la prima guerra mondiale, che causò circa un milione e mezzo di morti armeni. Genocidio che la Turchia continua a negare spudoratamente, nonostante ci siano innumerevoli prove e testimonianze.

 

Il monastero medievale Geghard, la cui prima fondazione, distrutta nel IX secolo dagli arabi, risale al IV secolo.

 

Il monastero Noravank del XIII secolo.
Il monastero si trova sopra un lungo e spettacolare canyon. All’inizio del canyon, nella cittadina Areni, c’è un sito archeologico all’interno di una grotta dove fra i vari reperti sono stati trovati strumenti per la produzione del vino risalenti addirittura a 6000 anni fa! Cos’altro ha creato di buono da allora l’umanità? Più nulla.

 

Un Contro-Dekaro fatto da Riccardo.

 

Ora mi trovo nel mite e dolce Sannio, il luogo che vanta, finora senza troppo orgoglio, i miei natali. Fra qualche giorno tornerò a Malta a lavorare. Ma non c’è nulla di male, non si può sempre stare in viaggio e nella vita bisogna anche lavorare. E’ giusto così. Detto questo, quando fra qualche giorno sentirete di Kamikazdekaro che si è fatto esplodere nel suo ufficio ricordatevi che vi ho sempre voluto bene. Ovviamente cercherò di massimizzare i danni. Non sarà un sacrificio vano.