La foresta amazzonica vicino Puyo e la città coloniale di Cuenca

Salve amici! Mi trovo a Cuenca, la terza città dell’Ecuador.
Da Banos sono giunto a Puyo, dove inizia la foresta amazzonica, che ho visitato con una guida per poi rimanere a dormire nella capanna di una famiglia in una comunità indigena di Kichwa orientali. Era un piccolo villaggio di meno di 100 persone con molti bambini che vagavano e giocavano.
Il padrone di casa stava in giro per la foresta in cerca di cibo e una delle figlie, una bambina di nome Brigitte, mi ha portato per il villaggio a vedere la sala dove fanno le riunioni, la scuola, e vari animali che vivono lì fra cui un piccolo coccodrillo, un pappagallo, una scimmietta notturna e una specie di ratto gigante, che poverino si vede che stava impazzendo nella gabbia.
Poco prima che facesse buio è tornato il padrone di casa, aveva catturato un armadillo – in realtà l’aveva catturato il cane scavando la tana dove dormiva, e l’hanno cucinato. Io ho mangiato riso, palmito (dei filamenti bianchi, freschi e soffici, che si ricavano dal tronco della palma) e yuca, una specie di patata.
Poco dopo le 7, quando ormai era già scuro, sono andato al piano di sopra della capanna a dormire. Come sempre, la cosa davvero bella del dormire nella foresta è il concerto di versi degli animali notturni che inizia col calare del sole. Versi che, in realtà, risaltano grazie al totale silenzio che c’è tutt’intorno. C’era una luna piena grandissima. Mi sono addormentato abbastanza presto per svegliarmi nel pieno di un fragoroso acquazzone amazzonico, la capanna era completamente avvolta dalla nube.

La mattina dopo, verso le 7, mi ha svegliato il padrone di casa con cui avrei dovuto fare un altro tour nella foresta. Mi ha detto di prepararmi e scendere, lui purtroppo era impegnato ma mi avrebbe accompagnato suo figlio grande. Però il letto mi ha come risucchiato e mi sono riaddormentato. Poi è sbucata Brigitte. Ha detto di alzarmi per fare il tour con lei e altri due fratellini perché nessuno sapeva dove era finito il fratello grande. Ma mi sono riaddormentato di nuovo.
Mi ha risvegliato la cricca di bambini, erano tutt’intorno, io stavo ancora nel dormiveglia, vedevo appannato e la scena mi sembrava surreale, con tutti ‘sti bambini che ripetevano “Giovanni alzati”, “Giovanni, alzati”.
Non mi andava proprio di alzarmi, vi dico la verità. Ma poi che fretta c’era? Mica la foresta se ne fugge, lo so che c’è questo drammatico problema della deforestazione che avanza, ma anche dormendo un paio d’ore in più ce l’avrei fatta comunque a visitarla.

Comunque, sono andato finalmente nella foresta lì intorno con Brigitte, una sorella e un fratellino. Bravissimi, lo dico con tutta sincerità, non solo nell’aprire la via a colpi di machete, ma soprattutto perché conoscevano tutte le piante e gli alberi e il loro possibile uso.
Cioè, tutta quella vegetazione che a me appariva come un confuso groviglio verde, in realtà, con rare eccezioni, aveva un’utilità per loro. Da mangiare, come medicinale, per fare il sapone, per lavare i panni, per dipingersi il volto, per fare collanine, per costruire capanne, per fare cesti ecc…

Questo mi ha fatto tornare in mente una vecchia idea che fra l’altro avevo scritto proprio qualche giorno fa su facebook, cioè di creare una comunità dove si lavori il minimo indispensabile per aiutare Madre Terra a nutrirci e mandare a fare in culo le multinazionali che ci schiavizzano e lo stato che si ruba quello che avanza sotto forma di tasse (utili solo per pagare gli sbirri che ci manganellano se protestiamo).
Nulla di originale ovviamente, da sempre i più furbi si organizzano così, però vedendolo concretamente mi sono convinto che è davvero possibile. Perché dovete sapere che io non voglio fare più un cacchio in vita mia, nemmeno giocare ai videogiochi, voglio oziare durante il giorno e bere vino davanti al fuoco la notte.
“E per viaggiare, come farai?”
Eh, ragazzi ma non si può avere tutto…
“Ma non hai pensato a noi? Ai tuoi lettori? Cosa leggeremo dopo? Se la gallina ha fatto l’uovo o no?”
Eeeh lo so, lettori, ma tanto ce ne sono a migliaia di blog di viaggio, certo non altrettanto brillanti, non con foto così belle, non con analisi così acute, spigliata ironia, freschezza di stile e originalità… sì insomma sono dei mezzi pippaioli, avete ragione, però che posso farci, mica posso continuare a girare il mondo come una trottola? Mmmm ma in fondo perché no? Vabè poi quando torno vediamo sul da farsi. Ora le foto.

 

Signora con figlia a Puyo.

 

Un tapiro accarezzato da Sandra, una ragazza di Quito con cui ho fatto il tour nella foresta il primo giorno.

 

Volo su una liana.

 

E con il tipico boa addosso. Insomma le solite stronzate che si fanno nella foresta amazzonica.

 

Con Sandra sul ponte che conduce al villaggio dove sono rimasto a dormire.

 

Bambini nel villaggio.

 

Il capo del villaggio.
“E kumm sè vstut kist… m par u mag d’Arcell!”
Ragazzi, vi avevo chiesto se per favore evitavate di fare questi commenti stupidi. Abbiate rispetto delle altre culture, non ci facciamo sempre riconoscere.

 

Brigitte con un fiore.

 

L’armadillo catturato per la cena.

 

Cani intorno alla pentola dove cuoce l’armadillo.

 

Pappagallo.

 

Bambine si dipingono il viso con i semi di un frutto. Il giorno dopo mi sono arreso e mi sono fatto dipingere anch’io il volto.

 

Un ruscello nella foresta.

 

Anche nella possente foresta amazzonica sorgono semi rossoneri, pronti a far sbocciare splendore e vigore in questo triste mondo.
Non ho invece trovato semi bianconeri, forse avrei dovuto cercare nelle cacchette d’armadillo.

 

Cuenca, la terza città dell’Ecuador, è una bella città coloniale. Si trova a 2500 metri d’altitudine. Prima di essere conquistata dagli Inca e poco dopo dagli spagnoli, fu un’importante città dei Canari.

 

Vecchiette a Cuenca.

 

Signora.

 

Vivi libero! (A)

 

Rispondo ai commenti.

Ciao Piergiorgio 2 – la vendetta. Sì, i cellulari funzionano ovunque, solo il mio (per fortuna) non prende fin da quando sono entrato nell’Amazzonia brasiliana, circa 3 mesi fa! Non lo rimpiango per niente, è un oggetto completamente inutile.

Ciao Lala! Secondo me il finale della storia simboleggia la trasformazione che avviene quando si passa da bambine a donne e si lascia la casa dei genitori per andarsene con il proprio sposo.
Purtroppo non passo per l’Argentina, vado di nuovo su in Colombia e da lì in Centro America. L’Argentina è bellissima soprattutto dal punto di vista naturalistico, a me è piaciuta molto la Patagonia e la Terra del fuoco. Però peccato, sarebbe stato bello incontrarsi da queste parti! :-)

Beh… mi è molto difficile assegnare il premio miglior commento in questa sfida al vertice… ma lo do a Lala perché nel dubbio, essendo un gentleman, do la precedenza alle donne (o perché faccio il piacione, diranno i soliti maligni…)

Lala quindi si riporta in testa con ben 4 titoli! Ma il campionato non è certo finito… forza cugino, non mollare!

Il lago Quilotoa, i kichwa, la leggenda del condor innamorato e Banos

Fedelissimi discepoli, rieccolo. Questa volta vi racconterà di uno spettacolare lago che si è formato all’interno di un cratere vulcanico e di Banos, un posto turistico dove si fanno appunto i bagnos termali.

Il lago Quilotoa si formò un migliaio di anni fa in seguito al collasso di un vulcano. Il vulcano ha un diametro di 3,15 km ed è ancora attivo, l’ultima eruzione è avvenuta nel 1799.

 

Quasi tutte le donne del posto, e anche le bambine, indossano un cappello di feltro, anche in casa.

 

Il 25% della popolazione ecuadoriana è indigena. I discendenti degli Inca costituiscono la più grande delle 13 comunità indigene ecuadoriane e si chiamano Kichwa, come il loro linguaggio, usato oggi da circa due milioni e mezzo di persone. Il kichwa fa parte della famiglia di linguaggi Quechua, parlati da oltre 7 milioni di persone in Ecuador, Perù e Colombia.

 

Bambina. Seguono altre foto di ragazzi e ragazze.

 

 

All’imbrunire.

 

La famiglia che gestiva la posada dove sono stato, vicino al lago. Dormivo in un altro casolare, appena appena riscaldato da una piccola stufetta a legna. La notte, dopo che il fuoco si spegneva, iniziava a fare molto freddo (checché ne dicesse una ragazza che alla fine si è scoperta essere nord-norvegese, e grazie al cacchio!)

Lì ho letto un libricino per bambini in kichwa, spagnolo e inglese, fra l’altro molto ben illustrato, che narrava una leggenda kichwa, la leggenda del condor innamorato. Ve la racconto.

Lo spirito Pachakama creò l’universo. Dopo un po’ si rese conto di aver bisogno di un messaggero che, volando, potesse portare e ricevere messaggi dalla Terra.
Si riunì con la sua compagna Pachamama, lo spirito femminile della fertilità, e con le altre forze dell’universo (il Sole, la Luna ecc…) e alla fine della riunione era sbucato un uovo. Da cui uscì un piccolo condor.
Il condor iniziò subito a fare il suo dovere, mandando messaggi o ricevendo richieste dagli uomini. Per comunicare usava i kipus, cioè cordicelle colorate, oppure i sogni.
Ma passato qualche anno il condor iniziò a sentirsi solo. “Tutti hanno una compagna, persino i conigli, solo io sono solo…”. E si mise a cercare un amore.
Svolazzando sulle Ande, vide una ragazza che pascolava le pecore. Subito si innamorò e, dopo aver rubato un poncho per apparire più bello, si presentò a lei.
La ragazza lo scambiò per un ragazzo con i pantaloni rialzati sulle ginocchia e dopo aver parlato a lungo, si innamorò a sua volta.
Quando capisce che è un condor, lui la porta in volo. All’inizio ha un po’ paura, ma presto rimane affascinata dai luoghi su cui passa, il lago Quilotoa, i picchi dell’Ilinizas, il Chimborazo e i sacri vulcani Cotopaxi e Tungurahua.
Alla fine la porta su uno dei kunturmatzi, ovvero le altissime cave sulle ande, dove dimora. La becca amorevolmente e, per ogni beccata, alla ragazza spuntano le piume.
A casa sua intanto sono preoccupati. E’ notte e il cane, che ha visto dove sono andati, guida la famiglia della ragazza e l’intero villaggio al nido del condor.
Quando giungono lassù, gli abitanti del villaggio cacciano via il condor e riprendono la ragazza.
I genitori la chiudono in casa, ma la ragazza, accendendo un po’ di paglia, riesce a mandare un messaggio al condor, che viene e la riporta via.
Stavolta vola fino ad un kunturmatzi altissimo. La becca amorevolmente e via via le crescono piume. Quando la gente del villaggio raggiunge il nido ormai lei si è trasformata completamente in un uccello, una condor e i genitori devono accettare il fatto compiuto. Pachakama e Pachamama sono contenti perché ora c’è una maggiore connessione con la gente della Terra per mandare e ricevere messaggi.
E ancora oggi, quando una ragazza va a pascolare le pecore, i genitori si premurano di avvertirla: “Attenta al condor!”.

 

Bambine sbucciano patate a Zumbahua, il paese più vicino al lago Quilotoa.

 

Dai 2500 metri di Otavalo ero passato ai 2800 metri di Quito e infine ai 3900 metri del lago Quilotoa (sempre più in alto, avrebbe detto la buonanima di Mike). A Banos sono finalmente risceso ad alture più umane, solo 1800 metri. E’ una tranquilla località turistica, circondata tutt’intorno da ripide montagne. Una delle sue caratteristiche sono i bagni termali.

 

L’Ecuador è strapieno di vulcani, fra cui il Chimborazo, alto ben 6310 metri, ma non più attivo, e il Taita Cotopaxi, 5897 metri, fra i più alti al mondo degli attivi e luogo sacro dei Kichwa andini.
Il vulcano vicino a Banos è il Tungurahua. E’ in fase attiva ed ho appena scoperto una cosa curiosa: cercando ora su internet per vedere quando è eruttato l’ultima volta ho scoperto che è avvenuto 3 giorni fa, il 30 aprile, quando stavo già qui! (link: http://www.volcanodiscovery.com/tungurahua/news.html ). Terremoti e tremolii della terra, colonne di fumo, cenere, ma non mi sono accorto di nulla!

 

A Banos si possono fare tante attività tipo rafting, arrampicate sui canyon, bungee jumping ecc… A me è capitato di fare il cosiddetto “canopy” che consiste nell’attaccarsi con un gancio ad una lunga fune di ferro e buttarsi giù nella vallata sottostante.
Ho deciso di farlo casualmente, stavo in bici, mi ero fermato un attimo a guardare e nel frattempo sono arrivati due ragazzi argentini che, dopo aver fatto scendere un po’ il prezzo del lancio, si sono buttati, facendomi venire curiosità anche a me.
Avevo fatto qualcosa di simile a Varsavia, dove però il tratto da percorrere era breve e lo scenario non tanto spettacolare.
Qui il cavo era lungo un chilometro e il volo è durato circa un minuto. A differenza di quanto si potrebbe pensare, non è stata per nulla un’esperienza paurosa, anzi, dopo il tratto iniziale più ripido, è stata rilassante, volavo silenziosamente, col fiume che scorreva giusto sotto.
Non ho ancora invece capito a cosa sarebbe servito il casco, visto che cadendo da quell’altezza ci si sfracasserebbe completamente.

 

In seguito ho scoperto che più che il casco mi avrebbe potuto salvare una formula magica, come si vede in questo dipinto nella chiesa principale di Banos. Infatti al signor Paulino Gavilanes nel lontano giugno 1889 capitò qualcosa di simile ma dopo aver pronunciato le parole “Madre mia de Augua Santa”, fu afferrato dalla Vergine e portato in salvo.
Beh, dobbiamo riconoscere che la storia del condor è molto più bella rispetto a questa melensa, ma purtroppo questo passa il convento, è il caso di dire.

 

Una chiesa strana, sulla strada che dalle montagne di Banos scende giù per circa 40 chilometri fino alla foresta. Piena di cascate e bei paesaggi, piacevolissima da fare in bici, tantopiù che è in gran parte in discesa.
E per tornare su? E per tornare mi sono fatto dare un passaggio da un furgoncino eeeehhhh mica fesso il dekaro!

 

Il posto più bello che si incontra lungo il tragitto è probabilmente la cascata del Diablo. (E’ uscita fuori una mezza citazione, ma molto difficile da sgamare).

 

Ci si può avvicinare tantissimo, sia sotto, dove cade l’acqua, sia sopra, dove sgorga. E’ impossibile descrivere la sensazione di forza e impeto che emana quel getto, fra l’altro al suo massimo, perché siamo alla fine della stagione delle piogge (e in effetti da quando sono giunto in Ecuador sto prendendo solo acqua).

 

Strisciando un po’ a fatica sotto un sentiero dentro la roccia, si giunge dietro la cascata. Lì, ci si sente un tutt’uno con la forza possente della natura, un ruggito continuo, quasi ipnotizzante.

 

Questa invece è la cascata della Vergine dell’acqua santa, e in effetti rispetto a quella del Diablo è docile e timida. Si trova proprio affianco ai bagni termali ed è sempre visibile da Banos.

 

Nella chiesa principale. Si accendono candele in omaggio alla Vergine dell’acqua santa.

 

Rispondo ai commenti:

Olá Gabriela! Desculpe se eu responder ao seu comentário em italiano… beijos :-)

Gabriela, che dice di essersi turbata per la violenza del combattimento dei galli ma di rispettare allo stesso tempo le tradizioni, coglie secondo me abbastanza bene il punto. Io ovviamente sono contro il combattimento dei galli, ma non credo sia una priorità, è come una goccia nell’oceano rispetto ai milioni di polli nei nostri allevamenti moderni che nascono “vivono” e muoiono all’interno di gabbie strettissime, perennemente sotto luci che devono rendere rosea la loro carne.
Di fronte a questo, preferisco chi è appassionato apertamente di uno sport crudele, rispetto a chi millanta sensibilità verso animali in remote regioni del mondo e finge intanto di non vedere la crudeltà sotto i propri occhi per gustarsi in buona coscienza rosei pollastri a tavola.

Ciao Lala! Almeno 2 regalini sono già tuoi, e forse anche 3! Riguardo alla mucca, in effetti quella è una foto molto tipica, quando un uomo con un grandangolo incontra una mucca che sporge il naso, viene fuori.

Un saluto anche al maestro Zibuletti, che mancava, con le sue brillanti cazzate, dai tempi di “God Save Dekaro“.

E grazie a Bert per i complimenti! :-)

Il premio miglior commento va a… Gabriela!

Bacioni.