Destino finale: Cuba

Carissimi lettori, eccoci giunti all’ultima puntata del viaggio! Mi trovo all’Havana, la più affascinante fra le città visitate in questi sette mesi e mezzo e vi scrivo dalla hall dal Grand Hotel Parque Central. Ovviamente non dormo qui, ma è l’unico posto dove c’è un internet decente, al non certo comunista prezzo di 8 dollari all’ora per il wi-fi! E vabè.
Non posso comunque lamentarmi della sistemazione dove mi trovo, 15 dollari per un appartamento abbastanza grande nel centro dell’Havana, vicino al lungomare, tutto per me. Le “case particular” le chiamano, case private che i proprietari affittano a volte legalmente a volte no (come nel mio caso).
Su Cuba si potrebbe parlare per un intero blog, soprattutto dal punto di vista politico. Chi la ama, chi la odia, chi la vede da una prospettiva, chi da un’altra. Chi la porta ad esempio del fallimento del comunismo, chi a quello di successo visto che, nonostante un embargo economico che dura da decenni, il livello di vita medio è comunque superiore a isole vicine tipo Haiti, Santo Domingo e Jamaica. Anche la gran parte dei messicani sta messa peggio. Embargo imposto dagli Stati Uniti e giustificato per via della violazione dei diritti umani.
In questo viaggio ho attraversato buona parte del sud e centro America. I crimini contro l’umanità commessi dagli statunitensi direttamente o indirettamente sono letteralmente indicibili, non hanno nulla da invidiare a quelli nazisti, e parlano dei diritti umani a Cuba, che proprio grazie alla rivoluzione li ha scampati! Cioè siamo alle comiche finali.
C’è poi lo spinoso (e sicuramente drammatico) problema della censura, inaccettabile per noi che siamo abituati a poter dire tutto quello che pensiamo o sappiamo. Purché restiamo nei limiti di ciò che il potere vuole che si dica. Altrimenti è meglio tenersi pronti a scappare nell’ambasciata ecuadoriana, tanto una ragazza con cui abbiamo scopato senza preservativo la troveranno sempre. Insomma, qui a Cuba c’è il divieto di trasmettere. Da noi c’è “il permesso di trasmettere e il divieto di parlare”.

A Cuba c’ero già stato 15 anni fa e non è cambiata molto. Il centro dell’Havana sta cadendo letteralmente a pezzi, un grosso pezzo di cornicione mi ha mancato di un paio di metri prima di disintegrarsi a terra. Quasi tutti i negozi alimentari sono vecchi e semi vuoti, le verdure sono rare, la carne si trova solo in alcuni.
I prezzi fra turisti e cubani sono enormemente differenti, affianco a un negozio che vende una pizzetta a 5 cuc (5 dollari, nemmeno a Leichester Square a Londra osano tanto) se ne trova uno che la vende a 5 pesos, ovvero un ventesimo di dollaro! In alcuni casi i turisti possono comprare in pesos, in altri no. Per dormire e mangiare si può spendere moltissimo o pochissimo, per spostarsi è abbastanza costosa comunque.
Eppure, l’Havana ha un’atmosfera magica e unica. Per le strade, girano splendide grosse auto americane anni ’50, di prima della rivoluzione, in gran parte ancora in perfetto stato. Nel centro, la gente sta per strada ad ascoltare musica, giocare a domino, baseball, pallone. Sempre pronta ad attaccare discorso, a raccontare la propria vita e parlar male del governo. Non si è mai soli e, nonostante la povertà, non è pericolosa, a differenza di quasi tutte le grandi città del centro e sud America.
La notte la gente rimane in strada, davanti ai portoni delle case, a parlare. Fra le luci fioche si trovano di tanto in tanto cockatil bar, alcuni raffinati, alcuni scarcagnati, dove oltre all’alcol cercano di vendere sigari, viagra, preservativi e altro. Nei fine settimana stanno seduti sul muro sul malecon, il lungomare, a bere ed ascoltare musica.

Un paio di giorni dopo il mio arrivo mi ha raggiunto Eva, la ragazza slovacca che vive in Costa Rica e con cui avevo viaggiato a Panama e in seguito in Nicaragua. Dopo due giorni all’Havana siamo andati a Vinales, vicino Pinar del Rio, dove ci sono paesaggi con rocce spettacolari e si producono sigari e rum.
Da lì a Trinidad, una vecchia città coloniale, dalle strade in pietra e le case colorate. Molto fotogenica. Quindi di nuovo all’Havana. Eva se n’è andata qualche giorno fa e io dopodomani prendo l’aereo per il ritorno.

Una differenza rispetto all’ultima volta è che c’è molta meno prostituzione, almeno quella visibile. A quel tempo camminando mi sentivo Mick Jagger, tanto riuscivo ad attirare splendide fanciulle dal nulla. Ora sono il solito dekaro sfigato. Sono stato abbordato solo da due sorelle, di cui una vive a Napoli, sposata con un napoletano! Mi ha fatto anche vedere la carta d’identità italiana. Dapprima voleva portarmi in una specie di villa dove per solo 20 dollari offrivano anche da bere, mangiare, piscina, tutto, non ho capito dove era la fregatura, ma ho declinato. Poi ha detto che allora potevamo almeno andarcene a mangiare assieme in un ristorante che “costava poco”, sui 50 dollari! Eh, pochissimo, io sto andando avanti a pizzette da 2 pesos (meno di dieci centesimi di euro!). Ho declinato anche questo, le ho offerto una birretta comprata in strada, e ognuno per la sua via.

Infine, vi annuncio che alla veneranda età di 40 anni ho preso il vizio di fumare sigari! Non ne posso fare a meno. Fra l’altro ho scoperto che insieme a buone dosi di rum fa un effetto strano… tipo sconvolgimento!

E ora le foto.

Il centro dell’Havana di notte.

 

Il Malecon, il lungomare.

 

Una ragazza mi propone di cucinare la pasta.

 

Sempre al centro, di notte.

 

L’uragano Isaac si avvicina.

 

Due buontemponi si prendono gioco dei miti sacri della rivoluzione.

 

Una ragazza allo specchietto dell’auto.

 

E per la par condicio, un ragazzo.

 

Una ragazzina dorme nel carretto della frutta.

 

Ragazzi si tuffano dal Malecon.

 

Giocatori di domino.

 

Sposi.

 

Un contadino di Vinales.

 

Scorcio di Trinidad.

 

Palazzi di Trinidad.

 

Auto color fuxia.

 

Bambini.

 

Fidel, come saprete, è sparito nel nulla, prendo io la parola:
Compagni, basta catastrofismi! La vittoria è vicina. La produzione di canna da zucchero è salita, rum e cigari abbondano, rimbocchiamoci le maniche e smettiamola di piagnucolare! Va tutto perfettamente bene… ehhhh, na’ meraviglia!

 

Viva la Revolucion!

 

Rispondo ai commenti.

Ciao Salvo! Grazie per esserti rifatto vivo! Allora d’accordo, quando tornerò a Varsavia voglio essere accolto dal subcomandante Marco alla guida della sua macchina rotta trainata da un cavallo. Su questo non si transige.

Ciao Lala! A prestissimoooo :-)

Ciao Anonymous! Prego! Niente da invidiare, è solo una questione di scelte.

Ciao Marco! Certo! Finito un viaggio ne inizia un altro.

Ciao “Noi Vagabondi”, grazie, va bene, in caso vi faccio sapere.

Il premio miglior commento va sicuramente a… Salvo!

Riguardo al campionato, lo chiudo con una giornata d’anticipo, quindi, anche su suggerimento di Piergiorgio 2, il campionato è vinto a pari merito da:
LALA e PIERGIORGIO 2 – LA VENDETTA
Complimenti!!!!! :-)

Classifica finale marcatori miglior commento:
Lala, Piergiorgio 2 – la vendetta [5]
Zia Marina [2]
Javier Vidal, Teresa, Gianmarco, Antonella, Fabrizio, Anonymous, Gabriela, Danilo, Giuseppe, Eva, Wanda, Marco, Io, Giovanna, Salvo [1]

Come promesso, tutti i vincitori avranno in premio un piccolo regalino. Se non vi conosco, contattatemi (giovannidek@gmail.com) e ve lo invierò per posta. Però ora non fate i furbi dicendo che siete voi l’Anonymous.
Sul commento vincitore di Salvo molti saranno rimasti perplessi chiedendosi che cacchiarola fosse. Non c’è da rimaner perplessi, vi spiego. Anzitutto per nostra fortuna non scrive dal Viminale, visto che per quanto stiamo inguiati la situazione non è ancora così grave, bensì da Varsavia. E’ uno degli amici italiani di quando lavoravo lì, insieme soprattutto a Danilo e Marco (cantante, il suo sito qui).
Ama fare giochi di parole, alcuni belli, altri che lasciano un po’ interdetti. Per alcuni, un po’ come i koan buddisti, ci vuole una vita intera per capirli, senza però raggiungere l’illuminazione, ma bensì uno stato di allibimento permanente.
Quantomeno, nel blog in Africa ne metteva uno per post, erano quindi diluiti, stavolta se n’è stato zitto tutto il tempo per ficcarli tutti assieme, con grave rischio per l’incolumità dei miei lettori visto che un recente studio dell’università dell’Arizona ha dimostrato che leggerne più di tre consecutivamente può portare a serie crisi maniaco depressive. Io ad esempio ho pianto tre ore per quello su Puerto Escondido.

Beh, ora fatemi chiudere perché questo post mi sta risultando abbastanza costoso. A proposito, state contribuendo col FMD? Il fondo monetario dekariano? Perché i sold enn’ fnut!! Eh. Finiti proprio. Ah. Se c’è fra le lettrici una ricca ereditiera, si faccia avanti, non sia timida. Posso offrire in cambio la mia carismatica presenza fra un viaggio e l’altro e anche un po’ d’amore (platonico ovviamente, adesso non esageriamo).


Mappa del viaggio.
Riassuntino velocissimo. Sono partito il 17 gennaio per Salvador de Bahia in Brasile. Sono andato a sud ad Arraial d’Ajuda, poi a nord sulla costa fino alla foce del Rio delle Amazzoni a Belem. Da lì con la nave ho risalito il fiume fino a Manaus da dove a inizio marzo ho preso il volo per Bogotà in Colombia. Dapprima ho visitato il nord (Cartagena, Parco Tayrona, Città perduta ecc…), poi sono andato verso sud, Medellin, la zona cafetera, San Augustin, e a metà aprile sono giunto ad Otavalo, in Ecuador. L’ho attraversato passando anche per la foresta amazzonica ad est, fino alla spiaggia vicino Guayaquil a sud ovest. Quindi di nuovo verso nord, velocemente di nuovo in Colombia fino a Capurgana, al confine col Panama, dove sono giunto a fine maggio in barca passando per l’arcipelago di San Blas. Sono passato sul Pacifico a Santa Catilina, di nuovo sull’Atlantico a Bocas del Toro e a metà giugno sono giunto in Costa Rica. Anche lì ho toccato entrambi gli oceani, oltre alle zone interne di Monteverde e La Fortuna. A inizio luglio sono giunto a San Juan in Nicaragua, e da lì isola Ometepe, Granada e Leon. A metà luglio ho attraversato velocemente San Salvador e sono giunto ad Antigua in Guatemala. Ho fatto una puntata in Honduras al sito maya di Copan. Quindi di nuovo in Guatemala andando fino al Belize, a Caye Caulker. Di nuovo in Guatemala al lago Atitlan e da lì a inizio agosto a San Cristobal in Messico. Dopo Oaxaca, sono andato sul Pacifico a Mazunte, e a Cancun sull’Atlantico per volare a Cuba.
Sette mesi e mezzo, 12 nazioni attraversate, migliaia di chilometri macinati, niente cellulare, nuovi amici e splendide immagini che rimbalzeranno per sempre nella mente.

A differenza del blog dell’Africa e di God Save Dekaro, continuerò comunque a scrivere a questo indirizzo (www.dekaro.com/blog), quindi vi saluto solo temporaneamente.

Grazie per avermi seguito! Alla prossima! :-)

A Oaxaca, Mazunte, nel villaggio zapatista di Oventic, Campeche e Cancun

Salve cari lettori. Eccoci giunti alla penultima puntata. Il viaggio sta infatti quasi per concludersi. Mi trovo a Cancun, città molto turistica, da dove domani spiccherò il volo verso l’ultima tappa: la mitica Cuba!
Ricapitoliamo gli ultimi giorni. Da San Cristobal sono giunto a Oaxaca, città bellissima, dove mi sono incontrato con Ketty, amica beneventana, e il suo ragazzo Gianluca. Fra un mezcal e l’altro abbiamo visitato Monte Alban dove ci sono i resti della più importante città dei Toltechi. Dopodiché siamo andati a mare a Mazunte, un po’ a sud di Puerto Escondido. Non abbiamo fatto molti bagni perché il Pacifico, come sempre, era incazzatissimo, ma il dolce far niente del villaggio ci ha subito avvolto piacevolmente.
Nel villaggio affianco, San Agustin, c’erano onde ancora più alte (checché ne dicesse il Lonely Planet), spettacolari, di circa 3 metri, mentre sulla spiaggia di Zipolite pareva essere appena passato uno tzunami. In effetti, nei giorni precedenti, gli acquazzoni avevano fatti danni come non avveniva da anni.
Ritornato a San Cristobal con Ketty e Giuanluca, abbiamo visitato Oventic, un villaggio a quasi un’ora di strada, gestito dagli zapatisti. Piccolino, non c’era molto da vedere a parte splendidi murales su case in legno inneggianti all’ezln e alla rivoluzione.
Ci hanno accolto un po’ freddamente, anzi ad esser precisi non ci ha degnato della minima attenzione se si esclude la solita vecchietta inkazzata che, non amando farsi fotografare, voleva struppiarmi di mazzate. E non è certo questo il modo di ospitare un dekaro. Bertinotti è stato accolto dal subcomandante Marcos a cavallo, non voglio aggiungere altro.
Scherzi a parte pare che all’inizio, quando arrivavano solo pochi visitatori, era diverso e gli zapatisti erano contenti di dialogare e raccontare le loro ragioni, ma oggi, con decine di turisti al giorno è chiaro che si sono pure rotti un po’ le scatole a dover ripetere ogni giorno continuamente la stessa filastrocca noi siamo dell’esercito zapatista di liberazione nazionale… un giorno ci siamo piazzati su questi cacchio di monti e non siamo più scesi ecc… ecc…
Come li capisco, tipo quando torno da un lungo viaggio e all’inizio sono davvero felice e lusingato di raccontarlo, poi dopo una decina di volte un po’ meno… e alla fine i cosiddetti mi sono scesi fino alle ginocchia e oltre. E con questo intendete pure quello che dovete intendere per quando tornerò fra poco, cari amici concittadini. :-)
Quindi ho lasciato Ketty e Gianluca al loro destino, e per spezzare il viaggio dal Chiapas allo Yucatan mi sono fermato un giorno a Campeche, città molto ordinata, con case colorate, un bel lungomare, e mura e bastioni costruiti in seguito a innumerevoli attacchi pirata.
E infine qui a Cancun, dove ero già stato una quindicina d’anni fa e camminando non riesco a capire se me la ricordavo o se la confondo con altre città turistiche fatte con lo stesso stampino, magari in un altro continente o pianeta. Di davvero bello c’è solo il mare, persino le spiagge sono quasi tutte finte, la sabbia l’hanno portata da altrove. Altro problema: per raggiungere la spiaggia bisogna spesso passare attraverso lussuosissimi alberghi pieni di gringos(*) e la tentazione di piazzare una bombetta purificatrice è grossa. (Per i fedelissimi fan del ministero dell’interno: trattasi di “ironia”, cercatela sul dizionario, i-ro-nia, alla lettera I. Forza e coraggio, ce la potete fare!).

(*) Gringos è il modo con cui in Messico e Centro America chiamano gli statunitensi. Viene da “green go” rivolto ai marines.

 

La chiesa di Chamula, vicino San Cristobal, fra i più suggestivi luoghi visitati durante questo viaggio. All’interno, il sincretismo fra la religione cattolica e le antiche usanze maya è evidente. Purtroppo non si potevano fare foto.
Buia, spoglia di decorazioni – le uniche sono grossi fiocchi di tela colorati che scendono dal soffitto. Il pavimento è coperto di aghi di pino e candele, intorno a cui siedono e pregano i fedeli, alcuni con galline da sacrificare. Tutt’intorno, tavoli con candele e statue di santi, vestiti spesso con colori sgargianti. Non c’è l’altare e il posto d’onore, centrale in alto, è occupato da San Giovanni, perché la città si chiama San Juan de Chamula. Persino Gesù è messo in una posizione quasi nascosta rispetto a lui, a sinistra.
In seguito, proprio poco prima di partire da San Cristobal, ho visto nel museo della medicina maya che questi rituali hanno regole ben precise, ad esempio il numero e il colore delle candele da accendere a secondo se si tratta di scacciare il malocchio, l’invidia, una tipo malattia o malessere ecc… Riti che si tramandano oralmente da millenni.

 

L’entrata della chiesa.

 

Uno dei tanti acquazzoni di questi giorni.

 

Nativi.

 

Una strada di Oaxaca.

 

Frutta.

 

Dentro il mercato di Oaxaca.

 

Sempre al mercato.

 

Monte Alban, vicino Oaxaca. Per oltre un millennio fu la più importante delle città dei Toltechi. Fondata intorno al 500 a.C., raggiunse nei primi secoli d.C. una popolazione fra i 15.000 e 30.000 abitanti. Fu abbandonata intorno al 750 d.C.

 

Ketty sulla scalinata sud di Monte Alban.

 

Il monastero di Apostolo Santiago, vicino Oaxaca. Ah bellissimo, direte voi. No, che bello, ci manca il tetto! Non l’hanno mai finito. Un po’ tipo la canzone, era bella bella davvero in via dei pazzi numero 0.

 

La spiaggia a Mazunte, vicino Puerto Escondido. L’onda arriva quasi alla mia stanza.

 

Meglio un’altra birretta con gli amici, c’è sempre tempo per il bagno.

 

Di nuovo a San Cristobal. Tre anziane.

 

L’insegna di fronte ad Oventic, il villaggio sotto controllo zapatista.

 

All’entrata gli zapatisti chiedono informazioni generali. A volte si tengono il passaporto durante la visita e fanno domande per capire quanto si conosce dell’ezln. A me, Ketty e Gianluca hanno chiesto solo nome, nazionalità e professione e ci hanno fatto entrare dopo qualche minuto. Comunque, in caso, eravamo preparatissimi.

 

Gli zapatisti prendono il nome da Emiliano Zapata, un leader della rivoluzione messicana del 1910.

 

Signora e bambino.

 

Scuola elementare zapatista.

 

Una bimba al villaggio.

 

Altra bimba.

 

La felicità non viene da sola, si conquista!

 

Scultura davanti alla cattedrale di Campeche.

 

Una strada di Campeche.

 

Messico e nuvole.

 

Rispondo ai commenti.

Ciao Giovanna! Sì, il Messico è davvero un posto speciale.

Ciao Piergiorgio2! Non diciamo fesserie, il campionato lo vince uno solo, quindi impegnati a scrivere uno strepitoso commento finale, altrimenti potresti venire sorpassato da Lala all’ultimo minuto, e questo vale anche per Lala ovviamente.

Ciao sovracomandante Peppe! Sì, per le foto ho mantenuto l’entusiasmo iniziale, ma è evidente che c’è un po’ di appallamento nello scrivere. Serve una pausa rigeneratrice.

Per il premio miglior commento, quello che mi è piaciuto di più è quello di Peppe, ma le regole parlano chiaro: le critiche negative non vincono. Poi c’è Piergiorgio 2 che però pare non voglia andare in testa e l’accontento. Il premio va allora a Giovanna!

Allora alla prossima, mi raccomando tutti presenti per l’ultima puntata. El pueblo unido jamás será vencido!