Salve amici! Rieccomi per la seconda parte riguardante il Kerala, lo Stato a sud-ovest dell’India in cui mi trovo. Ve ne ho già parlato nella puntata precedente, quindi metto direttamente le foto e vi racconto senza tanti fronzoli.
Alappuzha (anche chiamata col suo vecchio nome Alleppey) è il posto più attrezzato per effettuare un tour delle “backwaters”, ovvero quella serie di canali, fiumi e laghetti immersi nella vegetazione che formano una buona parte del territorio del Kerala.
Parto per un tour di 24 ore nelle backwaters. Nel mio caso si trattava di una houseboat piccola con una sola stanza dove dormire la notte. Ero quindi l’unico passeggero, portato in giro da due autoproclamati capitani. Di solito le houseboat hanno più stanze, come ad esempio quella che si vede a sinistra nella foto.
La parte superiore della barca. Alla fine sono rimasto qui a dormire per gran parte della notte, al fresco sotto le stelle.
Una barca-bus, utilizzata dalla gente del posto per spostarsi nelle backwaters, si ferma in un piccolo villaggio con chiesa.
Bambini all’interno di una barca-bus.
Canale avvolto da vegetazione impressionista.
Un’altra houseboat fra gli onnipresenti splendidi alberi di cocco (o palme, per i più pignoli). Il nome Kerala viene appunto da “kera”, l’albero di cocco.
La spiaggia di Varkala. E’ avvolta da un guscio di rocce rosse alte una ventina di metri. In alto, ammassati tutt’intorno sul precipizio, ci sono negozietti, ristoranti e localini.
E’ chiamata “Papanasham”, ovvero che lava via i peccati e per questo è meta di pellegrinaggio. Un solo bagno e tutti i peccati della vita sono lavati via per sempre! Non ricordo di aver mai peccato però qualche bagnetto me lo sono fatto comunque, non si sa mai. Un peccatuccio può scappare a chiunque.
E’ un posto un po’ hippy, quasi tutti appassionati di yoga, massaggi, meditazione e cose simili che a me personalmente non hanno mai entusiasmato. Però nonostante non c’era questa affinità di interessi è il posto dove sono rimasto più a lungo finora, oltre 10 giorni, probabilmente perché è il posto più “backpacker” dove sono stato in questo viaggio. Passano gli anni ma la mia anima resterà sempre quella.
Ballerino di Kathakali all’interno di un tempio. Il Kathakali è la danza tipica del Kerala. Si tratta di una combinazione fra teatro, danza, canto e musica. I ballerini si preparano per diversi anni prima di essere pronti ad effettuare una performance, soprattutto per poter padroneggiare le espressioni facciali.
Gironzolando col motorino intorno Varkala ho beccato altre due “feste dell’elefante” (Pooram Gajamela) in due giorni diversi, quindi si vede che è il periodo in cui vengono celebrate. L’elefante è un animale molto amato dagli indiani e non a caso una delle divinità più popolari, Ganesha, ha la testa di elefante.
Oltre agli elefanti c’era anche una parata di carri. Qui ci troviamo vicino Edava.
Parata con persone vestite e truccate da divinità.
Come ho già raccontato nel post precedente, da diverse generazioni il Partito Comunista è il primo partito in Kerala.
Il faro sulla spiaggia di Kovalam, dove mi trovo da alcuni giorni. In generale mi piace meno di Varkala perché è meno caratteristica, è solo un posto turistico.
“Ammazza ò, ma tiene pure la app pé medità!?” (questa un po’ sul genere “Le più belle frasi di Osho” su Facebook).
Al vecchio porto di Kovalam. Si attende l’arrivo delle barche dei pescatori per comprare pesce.
Dopodomani lascio il Kerala e volo nella città più mistica dell’India, e quindi del mondo… a presto!