Fedelissimi discepoli, rieccolo. Questa volta vi racconterà di uno spettacolare lago che si è formato all’interno di un cratere vulcanico e di Banos, un posto turistico dove si fanno appunto i bagnos termali.
Il lago Quilotoa si formò un migliaio di anni fa in seguito al collasso di un vulcano. Il vulcano ha un diametro di 3,15 km ed è ancora attivo, l’ultima eruzione è avvenuta nel 1799.
Quasi tutte le donne del posto, e anche le bambine, indossano un cappello di feltro, anche in casa.
Il 25% della popolazione ecuadoriana è indigena. I discendenti degli Inca costituiscono la più grande delle 13 comunità indigene ecuadoriane e si chiamano Kichwa, come il loro linguaggio, usato oggi da circa due milioni e mezzo di persone. Il kichwa fa parte della famiglia di linguaggi Quechua, parlati da oltre 7 milioni di persone in Ecuador, Perù e Colombia.
Bambina. Seguono altre foto di ragazzi e ragazze.
La famiglia che gestiva la posada dove sono stato, vicino al lago. Dormivo in un altro casolare, appena appena riscaldato da una piccola stufetta a legna. La notte, dopo che il fuoco si spegneva, iniziava a fare molto freddo (checché ne dicesse una ragazza che alla fine si è scoperta essere nord-norvegese, e grazie al cacchio!)
Lì ho letto un libricino per bambini in kichwa, spagnolo e inglese, fra l’altro molto ben illustrato, che narrava una leggenda kichwa, la leggenda del condor innamorato. Ve la racconto.
Lo spirito Pachakama creò l’universo. Dopo un po’ si rese conto di aver bisogno di un messaggero che, volando, potesse portare e ricevere messaggi dalla Terra.
Si riunì con la sua compagna Pachamama, lo spirito femminile della fertilità, e con le altre forze dell’universo (il Sole, la Luna ecc…) e alla fine della riunione era sbucato un uovo. Da cui uscì un piccolo condor.
Il condor iniziò subito a fare il suo dovere, mandando messaggi o ricevendo richieste dagli uomini. Per comunicare usava i kipus, cioè cordicelle colorate, oppure i sogni.
Ma passato qualche anno il condor iniziò a sentirsi solo. “Tutti hanno una compagna, persino i conigli, solo io sono solo…”. E si mise a cercare un amore.
Svolazzando sulle Ande, vide una ragazza che pascolava le pecore. Subito si innamorò e, dopo aver rubato un poncho per apparire più bello, si presentò a lei.
La ragazza lo scambiò per un ragazzo con i pantaloni rialzati sulle ginocchia e dopo aver parlato a lungo, si innamorò a sua volta.
Quando capisce che è un condor, lui la porta in volo. All’inizio ha un po’ paura, ma presto rimane affascinata dai luoghi su cui passa, il lago Quilotoa, i picchi dell’Ilinizas, il Chimborazo e i sacri vulcani Cotopaxi e Tungurahua.
Alla fine la porta su uno dei kunturmatzi, ovvero le altissime cave sulle ande, dove dimora. La becca amorevolmente e, per ogni beccata, alla ragazza spuntano le piume.
A casa sua intanto sono preoccupati. E’ notte e il cane, che ha visto dove sono andati, guida la famiglia della ragazza e l’intero villaggio al nido del condor.
Quando giungono lassù, gli abitanti del villaggio cacciano via il condor e riprendono la ragazza.
I genitori la chiudono in casa, ma la ragazza, accendendo un po’ di paglia, riesce a mandare un messaggio al condor, che viene e la riporta via.
Stavolta vola fino ad un kunturmatzi altissimo. La becca amorevolmente e via via le crescono piume. Quando la gente del villaggio raggiunge il nido ormai lei si è trasformata completamente in un uccello, una condor e i genitori devono accettare il fatto compiuto. Pachakama e Pachamama sono contenti perché ora c’è una maggiore connessione con la gente della Terra per mandare e ricevere messaggi.
E ancora oggi, quando una ragazza va a pascolare le pecore, i genitori si premurano di avvertirla: “Attenta al condor!”.
Bambine sbucciano patate a Zumbahua, il paese più vicino al lago Quilotoa.
Dai 2500 metri di Otavalo ero passato ai 2800 metri di Quito e infine ai 3900 metri del lago Quilotoa (sempre più in alto, avrebbe detto la buonanima di Mike). A Banos sono finalmente risceso ad alture più umane, solo 1800 metri. E’ una tranquilla località turistica, circondata tutt’intorno da ripide montagne. Una delle sue caratteristiche sono i bagni termali.
L’Ecuador è strapieno di vulcani, fra cui il Chimborazo, alto ben 6310 metri, ma non più attivo, e il Taita Cotopaxi, 5897 metri, fra i più alti al mondo degli attivi e luogo sacro dei Kichwa andini.
Il vulcano vicino a Banos è il Tungurahua. E’ in fase attiva ed ho appena scoperto una cosa curiosa: cercando ora su internet per vedere quando è eruttato l’ultima volta ho scoperto che è avvenuto 3 giorni fa, il 30 aprile, quando stavo già qui! (link: http://www.volcanodiscovery.com/tungurahua/news.html ). Terremoti e tremolii della terra, colonne di fumo, cenere, ma non mi sono accorto di nulla!
A Banos si possono fare tante attività tipo rafting, arrampicate sui canyon, bungee jumping ecc… A me è capitato di fare il cosiddetto “canopy” che consiste nell’attaccarsi con un gancio ad una lunga fune di ferro e buttarsi giù nella vallata sottostante.
Ho deciso di farlo casualmente, stavo in bici, mi ero fermato un attimo a guardare e nel frattempo sono arrivati due ragazzi argentini che, dopo aver fatto scendere un po’ il prezzo del lancio, si sono buttati, facendomi venire curiosità anche a me.
Avevo fatto qualcosa di simile a Varsavia, dove però il tratto da percorrere era breve e lo scenario non tanto spettacolare.
Qui il cavo era lungo un chilometro e il volo è durato circa un minuto. A differenza di quanto si potrebbe pensare, non è stata per nulla un’esperienza paurosa, anzi, dopo il tratto iniziale più ripido, è stata rilassante, volavo silenziosamente, col fiume che scorreva giusto sotto.
Non ho ancora invece capito a cosa sarebbe servito il casco, visto che cadendo da quell’altezza ci si sfracasserebbe completamente.
In seguito ho scoperto che più che il casco mi avrebbe potuto salvare una formula magica, come si vede in questo dipinto nella chiesa principale di Banos. Infatti al signor Paulino Gavilanes nel lontano giugno 1889 capitò qualcosa di simile ma dopo aver pronunciato le parole “Madre mia de Augua Santa”, fu afferrato dalla Vergine e portato in salvo.
Beh, dobbiamo riconoscere che la storia del condor è molto più bella rispetto a questa melensa, ma purtroppo questo passa il convento, è il caso di dire.
Una chiesa strana, sulla strada che dalle montagne di Banos scende giù per circa 40 chilometri fino alla foresta. Piena di cascate e bei paesaggi, piacevolissima da fare in bici, tantopiù che è in gran parte in discesa.
E per tornare su? E per tornare mi sono fatto dare un passaggio da un furgoncino eeeehhhh mica fesso il dekaro!
Il posto più bello che si incontra lungo il tragitto è probabilmente la cascata del Diablo. (E’ uscita fuori una mezza citazione, ma molto difficile da sgamare).
Ci si può avvicinare tantissimo, sia sotto, dove cade l’acqua, sia sopra, dove sgorga. E’ impossibile descrivere la sensazione di forza e impeto che emana quel getto, fra l’altro al suo massimo, perché siamo alla fine della stagione delle piogge (e in effetti da quando sono giunto in Ecuador sto prendendo solo acqua).
Strisciando un po’ a fatica sotto un sentiero dentro la roccia, si giunge dietro la cascata. Lì, ci si sente un tutt’uno con la forza possente della natura, un ruggito continuo, quasi ipnotizzante.
Questa invece è la cascata della Vergine dell’acqua santa, e in effetti rispetto a quella del Diablo è docile e timida. Si trova proprio affianco ai bagni termali ed è sempre visibile da Banos.
Nella chiesa principale. Si accendono candele in omaggio alla Vergine dell’acqua santa.
Rispondo ai commenti:
Olá Gabriela! Desculpe se eu responder ao seu comentário em italiano… beijos
Gabriela, che dice di essersi turbata per la violenza del combattimento dei galli ma di rispettare allo stesso tempo le tradizioni, coglie secondo me abbastanza bene il punto. Io ovviamente sono contro il combattimento dei galli, ma non credo sia una priorità, è come una goccia nell’oceano rispetto ai milioni di polli nei nostri allevamenti moderni che nascono “vivono” e muoiono all’interno di gabbie strettissime, perennemente sotto luci che devono rendere rosea la loro carne.
Di fronte a questo, preferisco chi è appassionato apertamente di uno sport crudele, rispetto a chi millanta sensibilità verso animali in remote regioni del mondo e finge intanto di non vedere la crudeltà sotto i propri occhi per gustarsi in buona coscienza rosei pollastri a tavola.
Ciao Lala! Almeno 2 regalini sono già tuoi, e forse anche 3! Riguardo alla mucca, in effetti quella è una foto molto tipica, quando un uomo con un grandangolo incontra una mucca che sporge il naso, viene fuori.
Un saluto anche al maestro Zibuletti, che mancava, con le sue brillanti cazzate, dai tempi di “God Save Dekaro“.
E grazie a Bert per i complimenti!
Il premio miglior commento va a… Gabriela!
Bacioni.
in questo post più che in tutti gli altri sono stato rapito dalla bellezza delle foto, che già normalmente sono bellissime ma qui meravigliose, specialmente il lago iniziale e le foto delle bambine con i cappelli. ma soprattutto sono sorpreso del fatto che i telefonini siamo presenti anche lì tra i vulcani a migliaia e migliaia di metri. come si dice ogni mondo è paese
bellissime le foto, il racconto tutto…ma soprattutto la storia del condor!!! Meravigliosa…anche se nel finale lascia molto spazio ai doppi sensi e a proposito di ciò…se fossi un maschio vorrei essere Dekaro e farmi questi giri meravigliosi del mondo! da donna, ahimè, ho un po’ paura. Ah…ancora a proposito, ma mica ripassi per l’Argentina a fine maggio? perché io ci passo